In prigione senza passare dal via
Già in Easy, grottesca commedia e picaresco road movie di ambientazione in parte ucraina, con protagonista il monumentale (pure a livello di stazza) Nicola Nocella più Barbara Bouchet e il compianto Libero De Rienzo tra gli interpreti principali, la filmografia di Andrea Magnani si era interfacciata con tale realtà. Non è quindi “per moda”, se anche nel successivo lungometraggio La lunga corsa ritroviamo una produzione e un cast italo-ucraini. Con il film ci si era già confrontati nel corso dell’ultimo Trieste Film Festival. Ed è un piacere per noi sapere che in estate verrà regolarmente distribuito nelle sale, poiché opere del genere rappresentano nell’asfittico panorama italiano una piacevole anomalia.
Parodico prison movie. Commedia surreale e amarognola. Pittoresco racconto di formazione. Straniante road movie. Tutte queste categorie (e altri spunti non meno bizzarri) concorrono a formare la deliziosa naïveté de La lunga corsa, il cui protagonista sta all’ambiente carcerario un po’ come il personaggio di Tim Roth stava alla vita in mare, nel sottostimato La leggenda del pianista sull’oceano; laddove un Tornatore in gran forma, prendendo spunto dal monologo teatrale di Baricco, aveva saputo tradurre in quadretti vividi e trasognati, nonché attraversati da un filo di malinconia, la routine dell’immaginifico transatlantico Virginian.
In modo pressoché analogo l’esistenza dell’introverso Giacinto (meravigliosamente aderente al personaggio Adriano Tardiolo), per quanto qualche fuga prospettica in più si intravveda, tende costantemente a ruotare intorno a quell’istituto di pena, dove i genitori – due delinquenti incalliti – lo hanno messo al mondo.
Sarà invece una guardia carceraria rispettosa delle regole ma dall’animo generoso (ennesimo personaggio profondamente umano interpretato dal bravo Giovanni Calcagno) a prendersi cura di lui, sin dall’infanzia, cercando con fare paterno di valorizzare la sensibilità del ragazzo e di tenerlo, per quanto possibile, lontano dai guai.
Altri singolari personaggi animano questa eccentrica cornice. E ad impersonarli ritroviamo attori ucraini di grande esperienza, come pure i vari Gianluca Gobbi, Barbora Bobulova e Stefano Cassetti, che con aria divertita si sono prestati ad arricchire piccoli ruoli di un appeal quasi fumettistico. Riecheggiando neanche troppo alla lontana un cult come Forrest Gump, è nella corsa che lo stralunato protagonista cerca caparbiamente la sua strada. Ma quel forte anelito di libertà e di realizzazione personale percorre in definitiva tutto il film, irrorando anche il sentire dei vari comprimari e l’ambiente stesso, così da tradursi, a volte, in siparietti deliziosamente surreali; perfettamente racchiusa, la filosofia di questi ultimi, nell’apologo del cavallo bianco raffigurato su una parete del carcere (trattasi guarda caso della sala visite), da cui a un certo punto l’immagine svanirà per ricomparire poi misteriosamente e con sottile ironia, nei campi che circondano la prigione.
Stefano Coccia