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La casa rossa

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VOTO: 7

Una speranza tra i ghiacci

Ogni anno il Trento Film Festival “ospita” un Paese, ritagliando nel ricco cartellone un programma speciale a esso dedicato. In questa 69esima edizione a trovare spazio nella line-up è la Groenlandia, con un focus che raccoglie una serie di opere ambientate nella sconfinata nazione artica, luogo straordinario e ancora poco conosciuto. Ma oltre a quelle contenute nella retrospettiva ci sono altre pellicola distribuite nel cartellone che portano lo spettatore in questa terra di roccia e ghiaccio, per raccontare storie di quotidiana sopravvivenza sulla più grande isola del mondo, che sta assumendo sempre maggiore rilevanza internazionale, a causa delle emergenze climatiche e delle relative conseguenze ambientali, economiche e geopolitiche. Tra queste figura La casa rossa, il documentario firmato da Francesco Catarinolo, presentato in anteprima nel concorso della kermesse trentina.
Il film diretto dal regista torinese ha il merito di accendere il riflettori su un ulteriore aspetto chiave nell’attuale situazione che sta attraversando da alcuni decenni la Groenlandia. Per farlo la macchina da presa di Catarinolo approda nella parte orientale dell’isola per mostrare gli effetti di un cambiamento radicale ancora in atto, che non sembra volersi arrestare. Negli anni Settanta la Comunità Europea ha vietato il commercio della pelle di foca, ma così facendo ha privato questa civiltà millenaria della sua unica forma di sostentamento economico: la caccia. Il governo danese risponde esportando modelli economici e turistici occidentali, da parte loro gli Inuit reagiscono con un atteggiamento passivo, accettando tutto e aspettando che qualcosa succeda. La conseguenza è un aumento dei tassi di alcolismo, depressione e suicidio. La casa rossa approfondisce il tema, focalizzando l’attenzione sull’impatto psicologico, sociale e culturale che tali conseguenze hanno generato sulla popolazione locale e in particolare sulle nuove generazioni, costretti a fare i conti con il compromesso del vivere nella modernità cercando di conservare il dono prezioso di una tradizione centenaria.
Catarinolo incontra queste nuove generazioni e chi le ha precedute, per raccogliere testimonianze dirette e osservare sul campo i loro tentativi di reazione a una scissione che li ha privati del passato e di un’identità. L’unico punto fermo per tutti loro e per la comunità è rappresentato da “La casa rossa” citata nel titolo, un rifugio che offre lavoro alla gente del posto rimasta senza niente, perché il futuro di questo luogo appartiene ai giovani e a quelli che vogliono restare: un futuro incerto in un presente di pandemia. A fondare quel “nido” Robert Peroni, un ex esploratore altoatesino, che trent’anni fa molla tutto per trasferirsi proprio in quei luoghi, dove vive una popolazione che sembra condannata all’estinzione. Tra quella manciata di baite distribuite nel mezzo del nulla accende un fuoco di speranza intorno al quale si riuniscono esistenze in bilico. La cinepresa ci porta dentro e all’esterno di quella topografia, scegliendo sempre la giusta distanza per documentare le dinamiche umane ed emozionali di un habitat altrimenti smarrito e gelido. Ne scaturisce uno studio antropologico capace di restituire le conflittualità interiori di un popolo diviso a metà, che cerca di ritrovare se stesso e quello che gli è stato ingiustamente sottratto da chi lo governa.

Francesco Del Grosso

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