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Karate Kid: Legends

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VOTO: 6

Metti la giacchetta, togli la giacchetta

Ringiovanire e rinnovare da una parte, senza però dimenticare quello che è stato dall’altra, magari cercando di trovare strada facendo qualcosa di diverso per dare nuovi motivi d’interesse. Un giusto compromesso, questo, per fare in modo che una saga possa continuare a sopravvivere allo scorrere inesorabile del tempo e al passaggio delle epoche. È quanto si è tentato di fare nel 2010 con The Karate Kid – La leggenda continua, inizialmente concepito per essere un remake di Per vincere domani – The Karate Kid, con trama, situazioni e ambientazioni sostanzialmente diverse e l’introduzione di personaggi inediti quali Dre Parker e Mr. Han, rispettivamente interpretati da Jaden Smith e Jackie Chan. Ma il tentativo fu a dir poco disastroso e per questo rispedito al mittente, esattamente come accadde con Karate Kid 4, fallimentare versione al femminile con Hilary Swank protagonista al posto di Ralph Macchio al fianco del compianto Pat Morita nei panni del maestro maestro Miyagi. Diverse le cose invece per lo spin-off seriale Cobra Kai che con le sue sette stagioni ha saputo, trovando quel compromesso di cui sopra e una formula vincente, rilanciare il franchise. Ed è su quest’onda e sul successo della serie che si voluto provare a dare ancora una possibilità a una saga cinematografica di fatto compromessa dopo gli scellerati esperimenti del 1994 e del 2010, per cui destinata a scomparire dagli schermi ma non di certo dall’immaginario. Ecco allora arrivare nelle sale dal 5 giugno 2025 il sesto capitolo della saga battezzato Karate Kid: Legends, al quale spetta l’arduo compito di far risorgere dalle ceneri quanto andato sepolto dai precedenti scellerati sequel.
Le leggende alle quali si fa riferimento nel titolo sono i già citati Jackie Chan e Ralph Macchio, entrambi ripresi nei ruoli dei film precedenti di Mr. Han e Daniel LaRusso per creare un anello di congiunzione con il passato e i trascorsi del franchise. Loro rappresentano i due rami dello stesso “albero genealogico” del Miyagi-Do, al quale spetta il compito di trasmettere gli insegnamenti e lo stile di combattimento del sensei al giovane allievo di turno, ossia il ragazzo prodigio del kung fu, Li Fong, nei panni dei quali troviamo un convincente Ben Wang, che presto vedremo indossare quelli di Wyatt Callow in The Hunger Games: Sunrise on the Reaping. Dopo una tragedia familiare, il protagonusta è costretto a lasciare la sua casa di Pechino e a trasferirsi a New York con la madre. Lì cerca di liberarsi del doloroso passato e integrarsi con i suoi nuovi compagni di classe. Malgrado non voglia combattere, i guai sembrano raggiungerlo ovunque. Per il desiderio di difendersi dal bullo locale e aiutare una sua amica in difficoltà sarà costretto a partecipare alla più importante competizione di karate della città, il famigerato 5 Boroughs che si svolge per le strade e in alcuni luoghi simbolo della Grande Mela. Tuttavia, le sue abilità non bastano. A questo punto, l’insegnante di kung fu di Li Fong, Mr. Han, chiede aiuto al primo “Karate Kid”, Daniel san. Il ragazzo imparerà un nuovo modo di combattere fondendo gli stili dei due maestri in uno solo per la resa dei conti nelle arti marziali.
Cambiamenti a parte, che per i fan e conoscitori della saga sono visibili e piuttosto chiari, la sostanza resta più o meno la stessa, con un copione che al netto delle modifiche messe in atto dallo sceneggiatore Rob Lieber non è stato stravolto. La parabola e il percorso del protagonista che lo porterà sul tatami infatti sono a grandi linee per dinamiche narrative e drammaturgiche quello delineato dalla struttura classica dell’action sportivo, seguito anche dai predecessori di Li Fong, con quella dose di coming-of-age e dramedy presente sin dal capitolo iniziale. Di conseguenza la storia e le one-lines, pur se spostate geograficamente, non sono mutate se non di virgole e dettagli. Il ché non gioca a favore di un sequel che a conti fatti risulta prevedibile in tutto e per tutto sul piano del racconto, degli sviluppi e dei personaggi vecchi e nuovi, quest’ultimi cloni o versioni altre di figure già proposte nel corso della saga o di storie analoghe.
Tuttavia la simpatia della new entry Li Fong e il tentativo di unire gli iconici maestri di arti marziali di una delle franchise cinematografiche più amate di tutti i tempi rende lo spettacolo quantomeno piacevole. L’intrattenimento e qualche risata in Karate Kid: Legends non vengono meno ed è un gran bel passo avanti rispetto al disastroso risultato di quindici anni fa, fotocopia sbiadita finita come meritava nel dimenticatoio. Di questo sesto atto, se vogliamo andare a vedere il bicchiere mezzo pieno, rimaranno i divertenti duetti tra Chan e Macchio e la resa dei conti del torneo tra Li e l’avversario di turno in cima a un grattacielo sopra Manhattan. Si tratta del momento più riuscito sul piano marziale, anche se il regista Jonathan Entwistle, con la complicità a delinquere del montaggio, hanno confezionato il tutto con uno stile che spinge troppo verso l’estetica da videoclip e del videogioco picchiaduro di ultima generazione. Da questo punto di vista, Cobra Kai ha avuto riscontri proprio per aver saputo trovare la giusta combinazione tra realismo e linguaggio pop, nuove e vecchie generazioni, spettacolo e divertimento. Formula che in questo sesto capitolo è riuscita in parte.

Francesco Del Grosso

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