Un (in)felice Diwali
Noi tutti sappiamo che quando in un film un gruppo di persone si riunisce in un appartamento per una festa, per celebrare una ricorrenza o semplicemente per comunicare l’arrivo di una buona notizia, c’è sempre una brutta sorpresa pronta ad abbattersi sui presenti, trasformando la reunion di turno in una pentola a pressione destinata a implodere. Non fa eccezione quello che si consuma tra le quattro mura della casa di Sunil e Maalti, scelte per accogliere i festeggiamenti di uno degli appuntamenti più importanti nel calendario indiano, ossia il Diwali (il Festival delle Luci). L’appartamento velocemente va popolandosi di amici e conoscenti di vecchia data della coppia, peccato che qualche ora prima dell’arrivo degli invitati il marito dell’amante di Sunil decida di bussare alla porta per poi spararsi un colpo di pistola e finire rinchiuso in un baule.
Ed con il potentissimo e acceso faccia a faccia tra i due, che mette in mostra le straordinarie capacità attoriali di Ranvir Shorey e Chandrchoor Rai, che ha inizio l’odissea domestica al centro di Kadakh, la pellicola di Rajat Kapoor con la quale la direzione artistica del River to River Florence Indian Festival ha deciso di inaugurare la sua ventesima edizione. Un’apertura con i fuochi d’artificio, o quasi, gli stessi che faranno da leitmotiv insieme a una colonna sonora jazz alla lunga e turbolenta serata che attende i personaggi di questa dark comedy al vetriolo. Una serata decisamente movimentata che si trasforma come da copione per le reunion (torna alla mente Nodo alla gola con il cadavere del malcapitato anch’esso nascosto in un baule) in un vaso di Pandora dal quale, una volta scoperchiato, fuoriescono attriti, rancori, verità taciute, non detti, odi repressi, gelosie e tradimenti. Il ché innesca il consumarsi inevitabile di un “valzer” di scontri dialettici e fisici tra tutti i presenti, che lascerà il segno in gran parte di loro.
Quella che va in scena in Kadakh è un kammerspiel dall’unità spazio-temporale circoscritta topograficamente e lineare cronologicamente, che ha nell’epilogo non altezza degli eventi sino a quel momento apparsi sullo schermo il tallone d’Achille dell’opera. Un gran peccato, poiché si tratta di un’opera che nel complesso l’attore e regista indiano, qui impegnato anche davanti la macchina da presa nel ruolo dell’amico scrittore Rahul, ha firmato, diretto e interpretato in generale con mano sicura e l’ottimo contributo del folto cast a disposizione. Tutto si muove sulla linea sottile di una tensione via via crescendo che, al netto di qualche blackout di scrittura, trova il suo apice nella scena della partita a carte sul baule. È lì che Kapoor e tutti gli attori in quadro offrono allo spettatore il meglio di un film coinvolgente, che accoglie nel proprio nucleo drammaturgico una storia sulle relazioni e sul matrimonio, che si chiede quale sia la cosa giusta da fare e quale azione possa essere considerata eticamente sbagliata, anche se moralmente ambigua.
Francesco Del Grosso