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La petite mort

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VOTO: 8

All’ultimo orgasmo

Un uomo ed una donna, entrambi di mezz’età, s’incontrano in un parco. Dapprima si osservano da lontano; poi, con il trascorrere dei giorni, si avvicinano. Condividono la medesima panchina, iniziando a conoscersi. Escono insieme. Un cinema, un drink. Si scambiano il primo bacio. Il tempo diegetico si condensa. Finiscono a letto, a fare l’amore. Il tutto senza dialoghi, ma semplicemente accompagnato da una suadente musica da pianoforte. Ma durante l’ultimo atto della copula accade qualcosa di imprevisto, rivelatore sulla vera natura delle due persone.
La petite mort (occhio al francesismo) è il cortometraggio che segna l’esordio alla regia di Michael Smiley, volto ben noto soprattutto agli appassionati del cinema di genere. L’attore di origine nordirlandese in poco più di sei minuti di narrazione acutissima mette in scena tutto ed il suo contrario, rendendo memorabile un twist finale, beffardo come pochissimi altri, che fornisce tutt’altra prospettiva a quello che appariva, a prima vista, il gratificante incontro di due solitudini a lungo termine. Con questo corto Smiley sembra aver metabolizzato in più frangenti la lezione di uno dei registi con cui ha lavorato più spesso in carriera – ricordiamo almeno il cult Kill List del 2011 – cioè Ben Wheatley. Dal formalismo niente affatto sterile della confezione, fino al colpo di scena finale, intriso di un umorismo nero al color pece. La petite mort cambia pelle, in modalità camaleontica, trasformandosi in modo repentino da intrattenimento di gran lusso capace di far palpitare i cuori maggiormente votati al sentimentalismo, a saggio antropologico di notevole spessore sulle variegate pulsioni (non esattamente positive) appartenenti alla natura umana.
Lasciando lo spettatore alla sorpresa della visione, possiamo solamente aggiungere che il termine francese che fornisce il titolo al film riguarda quello stato di semi-incoscienza che subentra, riferito al sesso femminile ma non solo, immediatamente dopo aver raggiunto l’orgasmo. Come se la vita del singolo individuo prevedesse tante “piccole morti” e relative rinascite. Una condizione che lo Smiley regista e sceneggiatore prende in pratica alla lettera, ribaltandone però il senso comune grazie a una vena umoristica, come premesso virata al nero, assolutamente ben calibrata.
Solo il tempo ci dirà se questo exploit di Smiley dietro la macchina da presa resterà un fatto isolato oppure darà vita ad un ulteriore sviluppo della sua, già di per sé molto interessante, carriera d’attore. Quel che appare sin da ora certo è che Smiley ha dimostrato una padronanza del mezzo cinematografico davvero invidiabile, raggiungendo – e non esageriamo affatto – vette addirittura filosofiche, attraverso discorso metaforico, sulle tendenze auto ed etero distruttive del rapporto amoroso. Sempre con un sorriso disegnato sulle labbra, ad aumentare iperbolicamente un effetto straniante capace di regalare ulteriore vigore all’insieme. Fattore che ha reso La petite mort tra i migliori cortometraggi ammirati nel corso dell’Irish Film Festa 2020. Nessun premio ufficiale, ma ideale menzione d’onore per sopraffina capacità di spiazzamento nei confronti del pubblico.

Daniele De Angelis

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