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Joan the Woman

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VOTO: 7

Il sacrificio di una donna nel kolossal di DeMille

Uno dei fiori all’occhiello tra i restauri presentati alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone 2019 è stato senz’altro Joan the Woman (1916) di Cecil B. DeMille, programmato come proiezione mattutina venerdì 11 ottobre. Il regista, appassionato lettore di Twain e di una delle sue opere meno note, una biografia di Giovanna d’Arco, collaborò, nella lavorazione per questo film, per la quarta volta nella sua carriera con la famosa cantante lirica Geraldine Farrar, la quale interpreta proprio l’eroina francese.
La versione della nota vicenda storica di Giovanna è inserita all’interno di una storia cornice, quella di un soldato inglese, impegnato sul fronte franco-tedesco nel corso della Prima guerra mondiale, che ritrova un’antica spada medievale, sepolta a poca distanza dal suo giaciglio in trincea. La spada, da quanto DeMille lascia intuire allo spettatore, appartenne a Giovanna d’Arco e le sue gesta sono allora rivissute, probabilmente in forma di sogno, dal soldato. Si va dai tempi in cui Giovanna era solo una contadina qualsiasi della campagna francese, passando per la chiamata alle armi che udì come proveniente direttamente da Dio, le numerose vittorie ottenute alla guida dell’esercito di Carlo VII, fino ad arrivare alla morte sul rogo in seguito all’accusa, quantomai politica, di essere una strega e alla condanna durante il processo. Il racconto della sua vita, che occupa la maggior parte delle due ore e mezza circa di durata del film, ispirerà il soldato inglese, che si offrirà volontario per una missione suicida contro un avamposto tedesco.
Percorso da grandiose scene di massa, su tutte la battaglia ad Orléans, con le sue cariche a cavallo e l’assedio alla fortezza in cui l’inquadratura si tramuta in una fitta selva di lance e picche, Joan the Woman è un kolossal dominato dalla figura di una donna sola, forte e casta che emerge e lotta in una realtà di uomini subdoli, vigliacchi, avidi e manipolatori. La recitazione della Farrar è teatrale, a volte eccessiva, sovrabbondante già di per sé; lo diventa ancora di più filtrata attraverso lo sguardo e la cinepresa di DeMille, che la rappresenta come una vera e propria figura cristologica votata al sacrificio per amore, in questo caso, della patria. All’inizio del film vi è un’inquadratura in cui la Farrar allarga scenograficamente le braccia fino a formare il simbolo della croce con il proprio corpo, mentre, sullo sfondo, viene proiettato in un fascio di luce il giglio, emblema della Francia. Spettacolare la resa delle visioni di Giovanna, realizzata tramite immagini sovraimpresse, così come il momento del rogo e delle fiamme che avvolgono e divorano lo schermo, in una sequenza talmente vivida da comportare non pochi rischi per la Farrar stessa durante le riprese.
Il finale, nel quale il soldato inglese fa saltare in aria la trincea nemica e poi spira con la figura di Giovanna d’Arco che lo accompagna verso la vita ultraterrena, fa pensare più a un’immagine di stampo motivazionale e propagandistico che a una sorta di vendetta postuma della pulzella d’Orléans nei confronti di un combattente britannico; questo soprattutto in virtù dell’anno in cui il film venne girato, vale a dire nel momento in cui il primo conflitto mondiale era in pieno svolgimento. Accorciato e in seguito sottoposto a numerosi tagli, Joan the Woman fu a lungo considerato da DeMille uno dei suoi lavori migliori, tanto che il regista, nel 1923, lo inserì nella sua personale lista dei sei migliori film nella storia del cinema. Resta un’opera che conferma il suo talento nella messa in scena e con delle ottime trovate a livello visivo, peccando forse d’eccessiva lentezza e prolissità in alcuni suoi passaggi.

Marco Michielis

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