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Io lo so chi siete

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VOTO: 7,5

Alla ricerca della giustizia perduta

Vincitore del premio del pubblico nella sezione documentari della 2a edizione del Mescalito Biopic Fest, lo lo so chi siete di Alessandro Colizzi e Silvia Cossu riporta sullo schermo uno spaccato oscuro eppure colmo di speranza della nostra storia: sono gli anni della lotta alla mafia e delle stragi, quelli di Falcone e Borsellino.

Il 5 agosto 1989, tre anni prima delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, a Villagrazia di Carini vengono assassinati il poliziotto Antonino Agostino e la moglie, incinta, Ida Castelluccio. Trent’anni dopo, il padre di Nino, Vincenzo Agostino, si batte ancora con forza e determinazione per ottenere verità e giustizia. Io lo so chi siete è il grido d’accusa rivolto da Ida agli assassini del marito, quello che le costerà la vita; perché quelli erano gli anni in cui sapere troppo equivaleva ad una condanna a morte. Il documentario di Colizzi ha in nuce la forza di chi contro il muro di omertà ha combattuto in quegli anni e di chi ancora continua a combattere perché sia fatta luce sulle stragi di stato.

Giovanni Falcone fu assassinato il 23 maggio 1992; mentre chi scrive, nata il 24 maggio, preparava felice la festa per il suo imminente compleanno, la notizia della strage di Capaci esplodeva con la stessa potenza della dinamite utilizzata per l’attentato. Solo 57 giorni dopo, il 19 luglio, a via D’Amelio a Roma venne ucciso Paolo Borsellino. Morti annunciate, già decise, senza possibilità di appello. A volte procrastinate: è il caso del fallito attentato a Falcone dell’Addaura, sventato proprio un mese e mezzo prima dell’omicidio del giovane poliziotto Nino Agostino. Il legame tra i due eventi è nient’affatto casuale; lo stesso giudice Falcone, al funerale di Nino e Ida, ebbe a dire: a quest’uomo devo la vita. Ed è proprio qui la chiave di volta, l’origine dell’omicidio Agostino; se la stessa notte dell’omicidio alcuni appartenenti alle forze dell’ordine entrarono nell’abitazione dei coniugi uccisi e requisirono degli appunti manoscritti che il poliziotto teneva nascosti in un armadio, se in seguito scomparvero carte, verbali d’interrogatorio non furono più ritrovati, armadi vennero svuotati e denunce insabbiate, è perché Nino, che quell’attentato a Falcone aveva contribuito a sventare, aveva scoperto troppo. Secondo il padre, Vincenzo, “Le stragi sono partite dall’uccisione di mio figlio”; e in più di 30 anni sprazzi di verità emergono, in un intrico di strane coincidenze e loschi figuri, mentre il legame con lo Stato, con il Sisde e i servizi deviati si fa luce. Scopriamo così che l’agente di Polizia Agostino collaborava con i Servizi Segreti alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia; e quest’ultimi, da parte loro, avevano scatenato una vera propria caccia ai cercatori di latitanti, impegnandosi in una lotta senza esclusione di colpi per la loro eliminazione.

Il docufilm di Colizzi e Cossu, realizzato in modo classico ma con un taglio da reportage investigativo misto a momenti intensi e di grande impatto commotivo, segue i passi di Vincenzo, che dal giorno dell’assassinio di Nino e Ida non ha più tagliato la barba in segno di protesta per la verità taciuta ed insabbiata e che oggi è una lunga barba bianca diventata simbolo di resistenza e di richiesta di giustizia; lo segue nelle strade, nelle scuole, ovunque questo padre dignitoso ma irriducibile porti la propria testimonianza dell’accaduto, perché la memoria non venga cancellata e giustizia venga finalmente fatta. E se nel finale del film, una didascalia annuncia la decisione, nel luglio 2020, della procura generale di Palermo di rinviare a giudizio i presunti colpevoli e di avviare il processo, oggi possiamo finalmente scrivere che lo scorso anno, nel 2021, il delitto Agostino, impunito per 32 anni, ha trovato un principio di giustizia con la condanna all’ergastolo del boss mafioso Nino Madonia. Un giorno di gioia per Vincenzo Agostino che la moglie Augusta Schiera, morta il 28 febbraio del 2019, non ha potuto condividere e che riscatta solo in parte anni di ritardi, omissioni, depistaggi ed omertà.

Michela Aloisi

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