Gioia e Tristezza, la grande Bellezza
L’idea di base, senz’altro immaginifica, non è esattamente nuova. Ci avevano già pensato, tra gli altri, Woody Allen nell’ultimo, folgorante episodio di Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere (1972) e i fratelli Farrelly con Osmosis Jones (2001), ad immaginare la mente umana “diretta” da una sorta di sala di controllo popolata da personaggi deputati a prendere decisioni o gestire eventuali reazioni del protagonista. Mai però tale intuizione narrativa era sfociata nella stratificazione concettuale e visuale di Inside Out, ultimo lavoro made in Pixar – sempre sotto il patrocinio Disney, come accaduto da qualche anno a questa parte con risultati non sempre brillantissimi – che riporta la factory capitanata da John Lasseter ai livelli di eccellenza raggiunti dai vari Toy Story, Wall-E e Gli Incredibili, tanto per citare qualche titolo. E non a caso, al timone del progetto, troviamo quel Pete Docter già sceneggiatore della incomparabile saga di Woody e Buzz in Toy Story, nonché regista in proprio dell’ottimo Up assieme a Bob Peterson. Anche per Inside Out, assodata la perfezione formale di un lungometraggio che spesso pare perdere la propria etichetta di animazione per approdare a qualcosa d’altro di impossibile definizione, data la mole titanica di lavoro è stato affiancato da Ronaldo Del Carmen; Ma che il film rechi nitidamente le sue impronte creative ci sono pochi dubbi.
Se andiamo infatti ad analizzare Inside Out sul piano del contenuto, balzano immediatamente agli occhi interessanti chiavi di lettura. Una di queste, forse la principale, riguarda l’importanza del coming of age della ragazzina protagonista – di nome Riley – della quale seguiamo, nel corso del film, le tappe dell’esistenza dalla nascita fino alla soglia dell’adolescenza. Premesso che raramente l’inconscio di una persona ha avuto al cinema una rappresentazione visiva così capillare e complessa, visto che la maggior parte del lungometraggio si svolge all’interno della mente di Riley, il fattore che rende Inside Out (Dentro e fuori l’essenza interiore di Riley, si potrebbe aggiungere a mo’ di sottotitolo…) adattissimo anche ad un pubblico adulto risiede proprio nell’analisi assai acuta delle problematiche di una personalità in formazione.
Ad ogni pluralità di emozioni – che hanno una loro controparte fisica nella sala di controllo – le quali poi contribuiscono alla costruzione della memoria attraverso i ricordi, viene data dagli autori la massima importanza nel processo di crescita di Riley; dalla gioiosa spensieratezza dei primi anni di vita segnati dall’affetto dei genitori, fino alla presa di coscienza che molto è da costruire e conquistare, per tutti fondamentale tappa di passaggio verso la faticosa conquista dell’età adulta. Per Riley la fase cruciale di tale passaggio è rappresentata da un inaspettato trasloco dalla familiarità del Minnesota natio all’estraneità della metropoli San Francisco, che la conduce al rischio dell’atarassia emotiva, presumibile anticamera di una vita a costante rischio depressione. Ed è proprio quest’aspetto che rende Inside Out un’opera fondamentalmente adulta, matura e, perciò, compiuta: la consapevolezza che la Gioia e la Tristezza – rappresentate divinamente nel film da due personaggi femminili che ne rispecchiano appieno le caratteristiche – debbano giocoforza convivere in armonia, assieme a tutte le altre componenti, per far sì che la persona cresca in maniera, se non ideale, quanto meno preparata alle difficoltà cui andrà incontro. Ed è assolutamente chiaro, tra le pieghe di Inside Out, come, a propiziare l’arrivo alla méta di questo lungo cammino, sia necessario sacrificare parti nascoste negli antri più reconditi del proprio ego, ancora una volta – non ci stancheremo di sottolinearlo – descritti nel film con una fantasia capace di trovare un riscontro formale così perfetto da risultare ad un primo impatto comprensibile anche ai più piccini. I quali magari, in un futuro non immediatamente prossimo ma nemmeno troppo remoto, ringrazieranno i propri genitori per averli portati al cinema a vedere un film luminosamente “pedagogico” e formativo come Inside Out, ultimo regalo di casa Pixar agli spettatori di tutto il mondo.
Daniele De Angelis