Shattered Dreams?
Londra non è la Gran Bretagna. Londra è qualcosa di magico, un luogo di utopia realizzata dove vige la meritocrazia delle opportunità e chiunque può diventare ciò che desidera essere. Influx, cortometraggio documentario diretto da Luca Vullo e in nomination all’IveliseCineFestival 2017, racconta di una migrazione del tutto particolare, quella dei nostri connazionali verso la capitale inglese alla ricerca di una possibilità. Di essere o diventare. Quel qualcosa che in Italia, soprattutto ai giovani, viene sistematicamente precluso da sistemi in cui vigono nepotismo, conoscenze e compromessi vari.
L’ironica frase di partenza del lavoro di Vullo (“Stavo facendo una ricerca sugli italiani a Londra, ma dopo mi sono trovato io sul lettino dello psicoanalista a scoprire me stesso“) non trova poi molto riscontro nella realtà effettiva di quello che viene mostrato nel corso di Influx. Il regista, giustamente, mette a disposizione la propria telecamera della gente, in modo che essa possa confidarsi ad essa, raccontando perché ha effettuato tale scelta di vita e come si trova ora che del tempo è trascorso nella nuova città d’adozione. Le risposte, in modo inevitabile, finiscono con il somigliarsi: rimpianto per essere stati costretti a lasciare il proprio paese, soddisfazione per una scelta che offre comunque – anche cominciando dal lavoro più umile – una prospettiva di miglioramento nel futuro. Alcuni raccontano la sorpresa nel constatare come il melting-pot razziale sia lì già una realtà concreta mentre in Italia la mentalità in questo senso sposta le lancette del tempo diversi decenni addietro. Per tutti Londra è una sorta di “città aperta” nel senso più positivo del termine: un enclave autonoma in cui vigono fattori a noi italiani sconosciuti come l’affermazione di determinati valori ed il rispetto delle regole più elementari. Tutto si svolge con una forma quanto mai classica, con le interviste – c’è anche l’ex campione di calcio Gianluca Vialli, londinese di carriera al Chelsea, ad analizzare la situazione – che si alternano ad immagini della metropoli, in un montaggio ben studiato che coinvolge lo spettatore stimolandone la curiosità.
Peccato dunque che l’ironia vagamente satirica presente nella frase d’apertura poc’anzi menzionata lasci poi il posto all’amarezza scaturita dall’esito del voto sulla Brexit. Desta una certa impressione ascoltare alcuni dei nostri connazionali emigrati esprimere la certezza che la Gran Bretagna rimarrà in Europa – ovviamente le interviste erano state effettuate prima del voto – mentre l’esito finale è stato molto differente. Anche perché la Gran Bretagna, purtroppo per i giovani italiani che avevano pianificato un futuro londinese, non è solo Londra. Dall’ottimismo figlio del realismo presente nelle varie testimonianze si passa allora alla fatidica domanda impregnata di amarezza: quanti presenti e futuri sogni infranti porterà questa decisione di ripiego su se stessa di una nazione del calibro del Regno Unito?
Ai posteri, come si suol dire, l’ardua sentenza. Intanto una bella analisi (auto)critica su cosa sia andato storto nelle politiche europeiste non sarebbe affatto cosa sbagliata. Una questione che Influx, nei suoi quindici minuti scarsi di durata, non affronta per motivi di tempistica narrativa ma che rimane presenza fantasmatica – in base ad una lettura a posteriori del documentario – in ogni singola frase da esso estrapolata.
Daniele De Angelis