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Il ragazzo che diventerà Re

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VOTO: 6.5

I ragazzini che fecero l’impresa

Sono trascorsi ben otto anni da Attack the Block (2011), ultima regia di Joe Cornish; ma per il regista e sceneggiatore britannico il tempo pare essersi cristallizzato in un eterno presente. Perciò ancora un coming of age virato in chiave fantastica (nel senso letterale del termine), di nuovo un percorso di crescita destinato a passare attraverso avventure decisamente fuori dall’ordinario. Dove nel già menzionato Attack the Block era un’improvvisa invasione aliena a determinare le sorti di un pugno di adolescenti della disagiata periferia londinese, in questo Il ragazzo che diventerà Re troviamo addirittura un imberbe dodicenne in piena età scolare trovarsi a rivivere, nel presente, le gesta di Re Artù, del Mago Merlino, dei Cavalieri della Tavola Rotonda, della perfida Fata Morgana e, manco a dirlo, a dover estrarre quella leggendaria Spada nella Roccia rispondente al nome mitologico di Excalibur. Bella idea, indubbiamente, quella di utilizzare – e attualizzare – il cosiddetto Ciclo Bretone per realizzare un fantasy pieno di buone intenzioni pedagogiche. Parimenti al coevo Shazam! viene condotto fino alle estreme conseguenze il discorso sull’unione che fa la forza, sull’impossibilità di crescere – in senso simbolico – in totale solitudine. La responsabilità di dover rispondere ad un preciso codice morale per diventare, prima che “cavalieri senza macchia né paura”, persone in possesso di un proprio equilibrio interiore. Ed è ciò che accade al giovanissimo Alex (credibilmente interpretato dal figlio d’arte Louis Ashbourne Serkis, erede del celebre “Gollum” Andy Serkis), il quale, in fuga costante da due bulli più grandi, trova per caso in un cantiere abbandonato la leggendaria spada conficcata in una pietra. Riuscirà ad estrarla poiché predestinato; e da lì scaturiranno una serie di avventure in cui i nemici di ieri non saranno più tali e la cattiva di turno – Morgana, appunto – andrà a simboleggiare un Male assai più esteso, trovando motivi di risveglio dal torpore proprio dall’insoddisfazione sociale diffusa, quella generante le fatali divisioni (riferimento alla Brexit palese). Meno male che ci sono baldi fanciulli su cui contare, con l’essenziale supporto di un -Mago Merlino “ringiovanito” per l’occasione…
Rispetto ad Attack the Block, Il ragazzo che diventerà Re soffre di un’evidente deficit di originalità, che viene ulteriormente sottolineato da un immaginario formale sin troppo schematico. Considerata la destinazione verso un target adolescenziale il divertimento c’è senz’altro e il ritmo vertiginoso di rado conosce rallentamenti narrativi; tuttavia risulta del tutto assente quella lettura incisivamente politica che veniva data della vita nel ghetto in Attack The Block. Manca, per essere maggiormente circostanziali, quell’epica del riscatto sociale – qui la “resistenza” al bullismo è solo pretestuosa – che caratterizzava la strenua difesa dagli aggressivi alieni nell’opera precedente, eletti da Cornish a sottile metafora di un lapsus politico che aveva reso la zona bersaglio facile proprio perché dimenticata dal resto della società. Tutti sottotesti pregnanti che latitano ne Il ragazzo che diventerà Re, dove la controparte malvagia risulta troppo generica nella descrizione, anche nelle cause, per coinvolgere emotivamente con un’intensità più consistente. Non resta allora altro da fare che godersi un fantasy comunque a tutto tondo nella sua radice ingenua e un po’ naif, infarcita di citazioni inserite con competenza, da Excalibur (1981) di John Boorman (ovviamente…) fino ad una battaglia finale che molto ricorda quella de L’armata delle tenebre (1992) di Sam Raimi. Anche se qui, in piena ottica post-postmoderna – siamo all’omaggio dell’omaggio: se Raimi rendeva onore, come effetti visivi, al grandissimo Ray Harryhausen, ne Il ragazzo che diventerà Re un’anonima computer graphic ha inesorabilmente sostituito quella stop-motion tuttora in grado di generare una fascinazione incredibile nello spettatore. Questione di costi e di risparmio. E di tempi che inesorabilmente cambiano. Peccato dunque che l’aria da sfrontata serie B presente in Attack the Block sia prematuramente evaporata in favore di un blockbuster (o almeno presunto tale) teso a soddisfare, con pure qualche possibilità di riuscita, una platea ben più ampia.
Cose che capitano. Soprattutto nel cinema di oggi.

Daniele De Angelis

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