Dalla preistoria all’ingegneria genetica
Apre già orizzonti particolari, e non solo per i giocatori di Risiko, sentir parlare di Jakuzia all’inizio di un film. Ma qui ci si spingerà ancora più lontano: fino alle Isole della Nuova Siberia, uno sperduto arcipelago del Mar Glaciale Artico che, pur essendo disabitato, è meta di periodiche e assai perigliose spedizioni alla volta del bene assai raro ivi custodito. Ovvero le preziosissime zanne di mammut, per il cui avorio in paesi come la Cina si è disposti a spendere cifre esorbitanti. E così ogni anno uomini più o meno esperti si avventurano in mare dai poveri villaggi costieri della Jakuzia, raggiungendo quelle terre inospitali e muovendosi in gruppo per recuperare, anche a rischio della vita, un tesoro giunto loro da epoche remote.
Ma se il passato al quale quegli animali estinti da millenni appartengono tornasse a rivivere? Il fascino tutto particolare di quei paesaggi desolati e delle spedizioni artiche non è infatti l’unico cavallo di battaglia del documentario diretto a quattro mani dallo svizzero Christian Frei e dal russo Maxim Arbugaev, per inciso una delle visioni più stuzzicanti di questa ottava edizione di Cinema Svizzero a Venezia .
Genesis 2.0 è infatti cinema di incontri, di storie raccontate in parallelo. Innanzitutto l’incontro tra i due autori, originari di ambienti così diversi e distanti tra loro: da un lato Christian Frei, documentarista considerato nel panorama odierno tra i più innovativi, proveniente dal cuore della Vecchia Europa; e dall’altro il siberiano Maxim Arbugaev, che in quella regione climaticamente ostile ci è nato e si è persino distinto, in passato, come giocatore di hockey su ghiaccio. Quasi scontato che dalla loro collaborazione artistica dovesse nascere un prodotto giocato su altri parallelismi, in particolare quello tra l’aspra Natura filmata nell’Artico e le affollate convention di scienziati interessati alla ricerca genetica, seguite in giro per il globo. Sì, perché oltre all’utilizzo commerciale delle zanne di mammut c’è un altro aspetto della questione che progressivamente esce fuori, di per sé sorprendente anche se più di una testata di recente gli ha concesso spazio: la possibilità che, operando sul DNA presente in resti molto ben conservati, si possa riportare in vita proprio loro, i mammut!
Facendo dialogare le ere glaciali con il presente, Genesis 2.0 si presenta così come un (neanche troppo) teorico Jurassic Park, il cui fascino deriva sia dai così particolari, per non dire opposti, contesti antropologici attraversati, che dai mirabolanti interrogativi che tale ricerca, non priva di corollari etici (specie quando il discorso si sposta, un po’ di soppiatto, sulla clonazione umana) tutti da verificare, inevitabilmente solleva.
Stefano Coccia