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Frost

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VOTO: 5.5

Viaggio al centro della guerra

Frost vuole mostrare la dolente situazione che ancora attanaglia parte dell’Ucraina. Dopo alcune sequenze in cui il giovane protagonista lituano Rokas riceve gli ultimi accordi per andare in missione di pace in Crimea, sullo schermo passano delle scene di una rovente rivolta, con gente che tira molotov verso alcuni palazzi. Queste immagini sono quelle dei manifestanti che il 6 aprile del 2014 attaccarono alcuni edifici governativi dell’Ucraina orientale, dando origine alla “Guerra del Donbass”, oppure “Guerra dell’Ucraina Orientale”. Il motivo di quest’azione, nata dai separatisti filorussi contro il governo di Kiev, era per chiedere l’indipendenza delle proprie regioni che sono all’interno dell’Ucraina. Una guerra, non sempre menzionata dalla stampa internazionale, che prosegue senza sosta, e che da oltre quattro anni sta mietendo vittime, oltre diecimila persone. L’aggancio di quella manciata di sequenze documentarie girate nel 2014, con quelle di finzione girate nel 2017, si fondono perfettamente, perché in quel lasso di tempo, non è cambiato nulla.

Frost, visto al Festival Cineuropa#32, è un lento viaggio dentro questa realtà, che diventa sempre più scura e pericolosa mentre il protagonista si avvicina al centro del conflitto. In questo percorso che parte dalla lontana Lituania, che nel settembre 1991 fu la prima ex regione sovietica a diventare indipendente, seppure con un forte ostracismo russo che schierò le truppe per reprimere la ribellione durante un anno (dal 1990), lo spettatore si ritrova con il medesimo punto di vista del protagonista, cioè vedere quello che avviene nel momento. Se il motivo di questa escursione (o incursione?) era inizialmente dettata da una forte curiosità di Rokas per vedere quello che veramente sta accadendo (scatta fotografie delle rovine con il suo smartphone), dall’altro può essere anche un motivo personale, legato alla ribellione che “visse” quando era bambino nel 1991. Ma questo desiderio di conoscere, durante il tragitto, si trasforma in una pulsione “libidinosa” che lo spinge, e purtroppo trascina con se anche la sua reticente compagna, nel provare profondamente il senso della guerra. Non inteso come atto di coscienza, ma nell’accezione di forte impulso verso questi fatti cruenti. Nel suo viaggio, fatto di tappe, i personaggi che lo circondano discettano intorno a questo conflitto. Il primo è un dibattito tra volontari stranieri, che la analizzano con uno sguardo dall’esterno. Il secondo è un confronto con due civili ucraini, trasformatisi in soldati/sentinelle, che vogliono proteggere l’Ucraina, la loro terra madre. Il terzo e ultimo, è uno scontro con i soldati sovietici, che con modi spicci discutono su questo conflitto e vietano intrusioni, non tanto per il pericolo di morte di altri civili, quanto per non avere maggiori problemi in questa guerra che combattono per motivi dettati dal comando superiore. Sharunas Bartas, regista che fu apprezzato da molti con la pellicola Lontano da Dio e dagli uomini (1996), con Frost non vuole spiegare quello che avviene, ma solamente mostrare. L’idea di impostare la pellicola come un road movie, ma senza un classico percorso di maturazione finale del protagonista, è proprio per avvicinarsi ai fatti senza dare giudizi. E i fitti dialoghi, in cui ognuno dice la sua, sono un annesso verbale in più che si affiancano alle ieratiche sequenze realizzate con sfumature da “reportage”. Peccato che questa dolente incursione nella realtà non abbia la forza e una presa di posizione come The Load, altro on the road negli che passo passo mostra gli orrori della guerra, in quel caso del Kosovo.

Roberto Baldassarre

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