Nel labirinto dei social
Dotato di un linguaggio filmico estremamente moderno e non scevro di acute osservazioni sociali, Follow Her rappresenta l’ennesimo lungometraggio d’esordio convincente di questa edizione del Ravenna Nightmare, votata – ancor più di quelle passate – alla scoperta di nuovi, promettenti percorsi autoriali, interni o comunque adiacenti al genere.
Nella fattispecie ad aver esordito con un’opera cinematografica fornita di un discreto grado di complessità, per non dire proprio labirintica, è una film-maker già vincitrice dell’Emmy Award, Sylvia Caminer, che negli ultimi quindici anni ha lavorato parecchio anche fuori dall’America, dopo aver iniziato la sua carriera producendo lungometraggi indipendenti a New York.
Il suo Follow Her, interpretato da Luke Cook, Dani Barker, Eliana Jones e Mark Moses, riprende da un’ottica senz’altro particolare quel filone del thiller/horror contemporaneo, fecondo soprattutto negli Stati Uniti ma in rapida diffusione anche altrove, che vuole siano i social e la rete in genere una fonte di inusitati, terrificanti pericoli. Come purtroppo capita fin troppo spesso anche nella realtà.
Antesignano di molte delle tracce in questione resta per noi il sottostimato Nella rete del serial killer (ovviamente di ben altra efficacia e meno didascalico il titolo originale, Intraceable), cyber-thriller del 2008 diretto da Gregory Hoblit. Anche se poi, puntando poco o nulla su efferatezze esplicite e molto di più sul clima ansiogeno, sulle sottili minacce psicologiche, Follow Her ha finito per ricordarci maggiormente certe atmosfere presenti nel cinema di Fincher. Vedi il così cerebrale, seminale The Game – Nessuna regola (1997), ad esempio.
Tornando però al film di Sylvia Caminer, ecco le coordinate essenziali del plot: ne è protagonista la giovane Jess Peters, attrice in crisi della East Coast e “live streamer” emergente, che pensa di aver svoltato, filmando di nascosto le situazioni morbose cui assiste dopo aver attirato i clienti – nonché “vittime” – tramite annunci di lavoro online e usando quindi le perversioni degli altri per alimentare in rete il proprio successo personale. Solo che così facendo finirà invischiata in un gioco molto più grande di lei: viene infatti ingaggiata per scrivere il finale di una sceneggiatura, richiesta che la porta nella baita sperduta tra i boschi dove sembrerebbe essersi ritirato a vivere Tom, l’aitante committente che millanta origini australiani. Già essersi fidata a tal punto di un sedicente australiano che vive da solo nel bosco, dopo che dal suo paese sono giunti tanti horror terrificanti con protagonista qualche serial killer, sarà parso a molti un atto temerario, di rara incoscienza! Senza contare che, dopo aver ricevuto la sceneggiatura, Jess si rende ben presto conto di essere diventata il personaggio principale di quella storia e che Tom è assai differente da ciò che appariva all’inizio, anzi, sembrerebbe sia addirittura lui la punta dell’iceberg di un nucleo operante sul web, in grado di trasformare presunte esperienze lavorative in qualcosa di cui avere realmente paura.
Al netto di qualche passaggio del racconto un po’ sbrigativo, o comunque troppo rapido, Follow Her rispetto ad altri prodotti simili ha l’indiscutibile merito di approfondire le debolezze della protagonista, il suo affidarsi con eccessiva e infine controproducente superficialità alle lusinghe della rete, la sua stessa ambiguità morale, nonché un background famigliare appena accennato ma alquanto significativo, emblematico. Tutto ciò rafforza l’empatia (o a tratti il biasimo) nei confronti di un tragitto personale energicamente costruito intorno a una tensione crescente, che ha naturalmente nella location boschiva il fulcro delle dinamiche più inquietanti e perverse esplorate nel corso del film.
Stefano Coccia