L’anno zero della Spagna
La scelta del Festival galiziano #Cineuropa34 di mettere nel proprio cartellone il documentario El año del descubrimiento (2020) di Luis López Carrasco non è solamente dettata nel voler proiettare un’opera di produzione nazionale, o perché il lavoro di Carrasco, presentato in differenti festival internazionali, ha ottenuto molti favorevoli consensi, ma anche perché ad un certo punto vengono menzionate, en passant, Ferrol e Vigo. Queste due città, una sita a nord della regione e l’altra al sud, sono le due maggiori entità della Galizia che rappresentano l’aspetto industriale del territorio. Ambedue principalmente rivolte al settore navale, con la storica Ferrol (città natale di Francisco Franco) che dalla seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso ha purtroppo cominciato ad entrare in una crisi irreversibile. Per tanto la vicenda narrata e analizzata da El año del descubrimiento, che si svolge nella mediterranea Cartagena, va a toccare sentimentalmente anche la popolazione (in particolare i compagni) della nordica Galizia.
Titolo beffardo quello scelto da Carrasco, perché si riallaccia alla celebrazione dei cinquecento anni dalla scoperta dell’America – per parte dell’italiano Cristoforo Colombo – che in quell’Anno Domini 1492 in Spagna si stavano festosamente celebrando, ma lo utilizza per descrivere i fatti politici e sociali occorsi a Cartagena nel 1992. Quel “formidabile” anno, secondo le cronache ufficiali, per Carrasco è la cartina di tornasole per comprendere il passato e il presente della nazione. Il punto di rottura di un finto benessere acquisito dopo la caduta di Franco, e il punto d’inizio di una crisi che probabilmente non avrà facilmente fine. Il 1992 è stato appunto l’anno del colossale Expo92 di Sevilla e delle XXV olimpiadi, svoltesi a Barcellona. Due avvenimenti di prestigio internazionale che dovevano ostentare al mondo come la Spagna, in un decennio, avesse acquisito potere e charme. Una situazione uguale a quanto accadrà successivamente in Brasile nel biennio 2014-2016, in cui si celebrarono prima il campionato del mondo e poi le olimpiadi, con dispendiosi investimenti che hanno sgretolato la forza economica raggiunta fino a quel momento dalla grande nazione sudamericana. In ambedue i casi, Spagna e Brasile, chi ne fa le spese sono i comuni cittadini. Nelle poche immagini di repertorio che Carrasco utilizza, appaiono le immagini televisive che incensano i due eventi, ma nemmeno il telegiornale menziona quanto accade a Cartagena. In questo mastodontico documentario i fatti di Cartagena fungono da spunto per discettare su come era vista la Spagna dalla gente e quali sono i timori degli stessi per il presente/futuro. Carrasco non coinvolge personalità politiche o intellettuali, ma lascia la parola a gente comune, riprendendola seduta in un bar, luogo simbolo per discussioni tra persone, e di valenza sociale per la popolazione spagnola. Utilizzando lo Split Screen, che divide in due quadri lo schermo, l’autore lascia andare a ruota libera le persone, che raccontano, riflettono ed esprimono opinioni o sensazioni. C’è il nostalgico franquista, che ritiene che si stava meglio quando c’era la dittatura, e ci sono gruppi di giovani che discettano sulla necessità di ribellarsi allo sfruttamento economico; ci sono le donne che parlano delle proprie esperienze personali nel mondo del lavoro e delle prime lotte femministe (verso la fine della dittatura franquista) e c’è il sindacalista che rievoca i fatti di quel tempo e alla fine esprime il suo dissenso sullo schiacciante tallone politico-economico dell’Unione Europea. Lo stesso, animatamente, cita anche l’Italia, parlando di Matteo Salvini e di come sia esponente di una destra pericolosa, ma l’Europa lascia correre, preferendo accanirsi contro governi e politiche di sinistra (prende ad esempio Tsipras e la Grecia). Il picco del racconto si raggiunge con le immagini di repertorio delle manifestazioni e degli scontri avvenuti a Cartagena in quel 1992, che divulgano quella storia poco nota alle generazioni odierne spagnole e agli spettatori internazionali. È un colossale documentario politico El año del descubrimiento, con cui l’autore vuole creare un affresco del suo paese e tentare di risvegliare le coscienze attraverso la voce di gente comune. Tale lunga durata può spaventare, e verso la fine, dopo il recupero di quegli scontri del 1992, si perde il vigore fin là raggiunto, ma è una di quelle opere che svelano accadimenti storici poco noti.
Roberto Baldassare