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Denise

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VOTO: 7

(De)generazione 2.0

Tra le visioni emotivamente più d’impatto e disturbanti della 13esima edizione di Cortinametraggio, un posto di diritto va senza ombra di dubbio a Denise di Rossella Inglese, approdata tra le nevi delle Dolomiti dopo tre riconoscimenti conquistati in altrettanti festival, tra cui il Premio Young for Young vinto lo scorso febbraio al Visioni italiane di Bologna. La nuova fatica sulla breve distanza della cineasta di Battipaglia questa volta non figura nel palmares, nonostante avesse meritato quantomeno un riconoscimento per la migliore attrice, ma si sa che i festival sono sempre una roulette e in questa edizione della kermesse cortinese la categoria era ben rappresentata e la concorrenza davvero feroce. Vedremo come andrà a finire, invece, al Festival del Cinema Europeo di Lecce 2018, dove il corto della Inglese è rientrato nella rosa dei titoli in corsa per il prestigioso Premio Emidio Greco.
Ma riconoscimenti a parte, Gaya Carbini, qui alle prese con il suo battesimo di fuoco sullo schermo, è di quelle giovanissime attrici da tenere seriamente in considerazione per il futuro. La sua straordinaria naturalezza nel calarsi in un ruolo difficile e scivoloso, in un’opera che cammina sempre sul filo e sui carboni ardenti per la tematica e il modo in cui questa viene affrontata e messa in quadro, è il valore aggiunto dell’operazione e ciò che consente al tutto di restare sul filo e non cadere. La Carbini veste i panni di Denise, una giovane ragazza romana che fa ogni giorno i conti con se stessa in un mondo fatto di noia in compagnia degli amici e di vuoto incolmabile tra lei e sua madre. Denise ama e odia se stessa, quell’immagine di sé veicolata all’esterno nei social network da un’onnipresente telecamera che sembra seguirla in ogni momento della sua giornata. Il ritratto che ne emerge è quasi bipolare: una ragazzina sfacciatamente consapevole di essere osservata e allo stesso tempo vittima, soffocata da quella stessa presenza famelica e voyeuristica.
La regista campana è solita mettere al centro delle sue opere brevi personaggi femminili adolescenti alle prese con l’esplorazione della propria sessualità e non solo. Vanilla prima e Sara poi ne sono la dimostrazione. Denise non fa eccezioni alla regola, con la Inglese che regala alla sua galleria un nuovo ritratto non fine a se stesso, ma veicolo per condensare in una manciata di minuti temi forti e di stretta attualità, a cominciare dal bullismo per finire con la deriva generazionale: apparire, farlo sempre e a tutti i costi, cercare l’approvazione dell’altro, tanto nella vita reale quanto in quella effimera dei social. La Inglese porta sullo schermo un capitolo di un romanzo di deformazione adolescenziale che evita saggiamente moralismi a buon mercato e le sabbie mobili dello spot progresso, mostrando senza filtri censori un mondo e coloro che lo popolano. Il merito è di averlo fatto in maniera personale attraverso la modalità P.O.V., con la macchina da presa che lascia fuori campo gli adulti per attaccarsi in maniera asfissiante ai corpi dei giovani interpreti come se fosse un video-selfie destinato all’etere, a noi spettatori.

Francesco Del Grosso

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