Nella periferia irlandese
Candice ha diciassette anni. Con una madre che sembra non comprenderla e un padre eccessivamente severo e protettivo, la vita di provincia le sta stretta. Uniche vie di fuga: la sua migliore amica e, ovviamente, i suoi sogni, nei quali è solita incontrare un misterioso ragazzo. La ragazza, inoltre, è piena di energia, motivo per il quale la voglia di scappare via lontano si fa di giorno in giorno sempre più forte. Una ragazza assai complessa, dunque, per un lungometraggio egualmente complesso, dove si vuol mettere in scena una personalità forte e fragile allo stesso tempo che, unitamente a un’età notoriamente difficile, è costretta a confrontarsi anche con una malattia impietosa come può essere l’epilessia.
Una bella sfida, dunque, volersi cimentare con un personaggio tanto affascinante quanto difficile da mettere in scena. A tentare tale, ardua impresa è stata la giovane regista irlandese Aoife McArdle, qui alla sua opera prima, ma con un importante curriculum alle spalle che vede molti spot pubblicitari e altrettanti videoclip musicali. È così, dunque, che ha visto la luce Kissing Candice, presentato in anteprima italiana all’undicesima edizione dell’Irish Film Festa e che, malgrado la giovane età dell’autrice, malgrado le non poche problematiche presenti al suo interno, ha saputo a suo modo sorprendere sia pubblico che critica. Ma andiamo per gradi.
Se, da un lato, la storia di questa singolare ragazzina, oltre a non rappresentare nulla di particolarmente originale, presenta non poche forzature, oltre a tentativi di “tirare per le lunghe” un qualcosa che avrebbe potuto essere messo in scena in un lasso di tempo di gran lunga inferiore, dall’altro un lavoro come Kissing Candice colpisce soprattutto per la straordinaria maturità artistica e per la grande padronanza del mezzo cinematografico della giovane cineasta, la quale, attingendo a piene mani da ciò che già da autori come David Lynch e, per alcuni versi, Larry Clark è stato precedentemente realizzato, è riuscita a suo modo a farsi notare all’interno del panorama cinematografico irlandese contemporaneo.
Sono, dunque, intensi primi piani sul bel volto della protagonista, unitamente a (volutamente) sterili immagini di una desolata periferia e a frenetici inseguimenti in macchina che finiscono per terminare con una suggestiva inquadratura capovolta di un’automobile ribaltata a fare la differenza. Curatissima nella regia fin nel minimo dettaglio, questa opera prima della McArdle lascia ben sperare in nuovi, interessanti lavori da parte di un’autrice che – pur non avendo trovato, almeno fino a oggi, una propria, soggettiva dimensione e che resta ancorata a un cinema già più e più volte realizzato – ha più che altro dimostrato a sé stessa che può farcela. Ora non resta che spiccare, finalmente, il volo.
E poi c’è lei: la giovane Ann Skelly nel ruolo di Candice, dai lineamenti perfetti, la cui simmetria contrasta parecchio con i suoi turbamenti interiori. Un personaggio attorno al quale ruota l’intera vicenda e che, sia per scrittura che, appunto, per quanto riguarda la stessa interpretazione dell’attrice protagonista, si conferma vero e proprio cavallo di battaglia dell’intero lungometraggio. Chissà se Aife McArdle e Ann Skelly avranno ancora modo di lavorare insieme in futuro. D’altronde, si sa, squadra vincente non si cambia.
Marina Pavido