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Bravo, Virtuoso!

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VOTO: 8.5

Musica, Maestro!

Metti che ti presenti a una ragazza e dici, “Suono bene il clarinetto”.
Metti che lei capisce tutta un’altra cosa e ti fa subito l’occhietto.
Renzo Arbore, “Il clarinetto”

Swing cinematografico all’ennesima potenza, Bravo, Virtuoso! è il film che ha vinto l’Anello d’Oro al XVI° Ravenna Nightmare Film Festival. Con pieno merito, a nostro avviso. Perché la black comedy dell’armeno Lévon Minasian è una scoppiettante miscela di stile, originalità, ritmo, invenzioni visive e arguzia narrativa, il che spicca ancor di più trattandosi di un’opera prima. E ci ha fatto inoltre piacere notare tra i produttori di questa pellicola, dal timbro internazionale nonostante la ben delineata specificità dell’ambientazione, il nome di Robert Guédiguian, che come molti sapranno già proviene da una famiglia di origine armena.

Tra i tanti pregi di Bravo, Virtuoso! vi è il godibilissimo utilizzo del genere, o dei generi, visto il taglio così eclettico e libero conferito alla narrazione, quale filtro per un discorso più ampio, dato che nel film si allude con euforica sfacciataggine all’instabile quadro politico e sociale della piccola nazione caucasica. Volendo fare arbitrariamente un accostamento, nella frizzante pellicola di Lévon Minasian si respira un po’ l’aria che si respirava negli atipici gangster movies girati da Aleksei Balabanov nella Russia di fine anni ’90. Il quadro è sempre quello di un universo post-sovietico in disfacimento e dalle dubbie regole morali. Se in Brat e Brat 2 un parziale riscatto veniva dalle spericolate azioni dell’atipico protagonista, il killer dal cuore tenero mirabilmente interpretato da Sergei Bodrov Jr, anche Bravo, Virtuoso! può vantare un protagonista anomalo: l’antieroe in questione è Alik, allampanato clarinettista interpretato con modi dinoccolati e notevole espressività facciale dal sorprendente Samvel Tadevosian. Alik, al contrario del Danila Bagrov impersonato dal compianto Sergei Bodrov Jr, non ha un passato nell’esercito e non ha quindi la stoffa del killer, ma dovrà fingersi tale, pur di salvare quell’orchestra che è tutto per lui e per la sua famiglia.
Intorno alla strampalata commedia degli equivoci che gli fa avere tra le mani una pistola e un cellulare, unico tramite con colui che vorrebbe commissionargli omicidi a ripetizione, l’ingegnoso Lévon Minasian ha saputo costruire una trama dai mille risvolti, dove c’è spazio per il noir, per la musica, per la satira politica, per la denuncia di una corruzione diffusa a tutti i livelli e soprattutto per quella seducente femme fatale, un po’ pazza ma anche intimamente fragile, che farà girare da subito la testa al protagonista.

Con un adorabile piglio naif Bravo, Virtuoso! finisce per mettere insieme la perizia registica tipica di certe scuole dell’Europa dell’Est, percepibile nei così fluidi piani-sequenza, nei frammenti onirici e nell’ottima direzione degli attori, con una interessante rilettura dell’attualità e dei problemi che la caratterizzano. E se i continui sberleffi alle istituzioni e al degrado del paese si traducono in spunti critici tutt’altro che trascurabili, l’assoluta godibilità della narrazione cinematografica ne risulta persino rafforzata, potendo poi contare su una galleria di memorabili personaggi, sulla musicalità dell’azione e su un protagonista destinato a restare impresso.

Stefano Coccia

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