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Beirut

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VOTO: 7

Benvenuti a Beirut!

1972, Beirut. Mason Skiles (Jon Hamm) è un rinomato diplomatico americano, il migliore, che vive nella capitale del Libano dove organizza party e feste private alle insegne del lusso. Felicemente sposato con Nadia, e con un bambino orfano adottato, Karim, Skiles, all’apparenza, vive una vita serena e tranquilla. Almeno finché non giunge Cal Riley (Mark Pellegrino) il quale comunica alla famiglia la vera discendenza del piccolo Karim. Il piccolo è in realtà il fratello di un noto terrorista ultra ricercato, coinvolto persino negli attentati alle Olimpiadi di Monaco di Baviera. Egli piomberà in casa e si riprenderà il fratellino causando, però, il decesso della Signora Skiles. 10 anni dopo, 1982, Mason Skiles lavora come mediatore per accordi sindacali; egli si lascia andare all’alcool per dimenticare il passato. Ma quello stesso passato tornerà a tormentarlo. Richiamato a Beirut dal governo americano, Mason Skiles incontra la giovane agente della CIA Sandy Crowder (Rosamund Pike) la quale lo informa, insieme a membri di spicco del gabinetto di governo americano, del rapimento di Cal Riley. Beirut è cambiata radicalmente, ormai vittima della guerra civile, spartita tra le varie fazioni e devastata dai raid aerei dell’aviazione israeliana e siriana. Il governo, conoscendo le doti diplomatiche di Skiles, gli chiede di trovare un modo per liberare l’ostaggio. Si scoprirà che è Karim, ormai cresciuto e divenuto un terrorista al posto del fratello incarcerato, ad avere il prigioniero. Mason, cercherà di trovare un accordo con l’ex figlioccio per liberare Cal, ma Karim non vuole sentire ragioni: rivuole solo il fratello maggiore. Comincia così una corsa contro il tempo, tra ultimatum e minacce, per cercare di risolvere la situazione nel miglior modo possibile tentando di salvare il salvabile e scoprendo anche un ordito complotto da parte dei vertici americani. Mason Skiles non potrà fidarsi di nessun altro all’infuori di se stesso, nemmeno dell’agente Crowder la quale tenterà in ogni modo di proteggerlo.
Tra incroci pericolosi e vecchi incontri, Beirut è un ottimo thriller politico con una componente action che rapisce lo spettatore lasciandolo fortemente interessato allo sviluppo della vicenda. Nonostante le scene nella capitale libanese siano state girate a Tangeri, sembra quasi di trovarsi proprio a Beirut grazie ad un lavoro di alto livello di scenografia. Il film scorre bene, grazie ad una sceneggiatura semplice e non troppo complicata scritta da Tony Gilroy, regista di Micheal Clayton e Duplicity. In un contesto in cui complotti e mediazioni la fanno da padrone, Beirut ci offre anche qualche spunto sul tema della famiglia attraverso il personaggio di Karim e una devota dedizione al lavoro tramite il personaggio di Sandy Crowder, disposta anche ad ignorare gli ordini dei superiori per una felice conclusione della vicenda. La regia di Brad Anderson, passa da ambientazioni panoramiche ad ambienti più claustrofobici, come un furgone o una cella di detenzione, permettendo allo spettatore di percepire la sensazione del ritrovarsi in quei luoghi. Jon Hamm lavora molto bene sul personaggio di Mason Skiles, cercando di non renderlo troppo spaccone, facendo intendere che lui sa ciò che deve fare. La candidata all’Oscar per Gone Girl, Rosamund Pike, fa lo stesso sul suo personaggio, concedendole più umanità e preoccupazioni nel corso dello svolgimento del film, andando contro le reali intenzioni degli attuali agenti sotto copertura. Beirut è una produzione americana presentata al Sundance Film Festival 2018, immesso nelle sale americane il 13 aprile 2018. In Italia è arrivato su Netflix il 15 giugno 2018. A differenza di molte produzioni Netflix, gravemente insufficienti, Beirut è un buon thriller che chiunque può tranquillamente gustarsi in una tranquilla serata davanti al computer. Senza troppa adrenalina ma con molta curiosità, per un film che, ci si augura, possa invertire la tendenza dei film prodotti da Netflix.

Stefano Berardo

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