Crescere è difficile, anche con una corazza
L’adolescenza è un periodo complicato e può essere molto faticosa. Non sei adulto e non sei bambino, sai soltanto quello che non sei. Troppo grande per alcune cose, troppo piccolo per altre. Sentimenti ed emozioni ne escono amplificati, anche perché non si sa come gestirli. Finché sei bambino vivi più o meno in un mondo ovattato, ma quando cresci e cominci a capire, allora diventa troppo da gestire e vorresti solo ritrarti, avere una corazza che ti protegga, come un armadillo.
Non è dunque un caso che la semi-esordiente regista serba Gorana Jovanović abbia usato il nome del simpatico animaletto per titolare il suo cortometraggio Armadila in concorso al 32° Trieste Film Festival, il quale vede come protagonista la tosta tredicenne Sanja, la cui interprete Iva Pernjaković dimostra di possedere un’intensità ed una capacità di trasmetterla attraverso lo sguardo dei suoi occhi profondi ed espressivi che la segnalano come una promessa del futuro. Citiamo anche il co-protagonista Nikola Zečević, il cui spensierato ma sensibile Darko offre un degno contraltare alla Pernjaković. Tanto eterea appare l’una quanto terragno appare l’altro.
La regia molto lieve e delicata, nella quale anche il silenzio ha un ruolo, si dimostra bene all’altezza di mettere in scena il contrasto di sentimenti e pulsioni, la difficoltà ad interpretarli e gestirli della giovane protagonista. A ciò contribuisce anche una sceneggiatura ben scritta, la quale riesce nel non facile compito di mettere in evidenza la tragicommedia che è la vita, soprattutto a tredici anni. In soli undici minuti si passa dalla commedia alla tragedia in un soffio, senza la necessità di momenti drammatici o significativi, questa è la vita. Ciò a cui assistiamo è un elegante bildungsroman, un romanzo di formazione sentimentale fine e garbato capace di mettere in scena la complessità di due caratteri in fieri. E così la tosta Sanja si rivela fragile e bisognosa di sostegno, mentre il grossolano Darko si rivela sensibile ed attento.
“Con questo film, volevo catturare quel momento in cui permettiamo agli altri di mentirci, per evitare una spiacevole verità.” Così la giovane regista nell’introdurre il film alla stampa. Riteniamo ci sia riuscita e che questa sua frase riassuma perfettamente il cortometraggio. Tutti diciamo di volere la verità, di preferirla, di non temere il dolore e le ferite che essa può causarci. Poi ci troviamo davanti la verità e non la vogliamo più, preferiamo una consolante bugia, ma vedere la verità è come aprire il vaso di Pandora, non si può tornare indietro. Possiamo fingere, costruire muri e negare risolutamente, ma non possiamo evitare la consapevolezza alla quale è bastato un istante per insinuarsi in noi. E possiamo anche prendercela con chi quella realtà sgradita prova a tenerla celata nel tentativo di proteggerci invece di capire ed apprezzare il gesto. Magari a farlo è proprio chi non riteniamo capace di ciò. Crescere è difficile. Vivere è difficile. Tuttavia, sfuggire alla verità non lo rende più facile.
Luca Bovio