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Animali fantastici e dove trovarli

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VOTO: 6

Un altro giovane mago

Può sembrare una banalità ma in fondo non lo è poi tanto: non sempre dalla magia scaturisce un salutare volo di fantasia. Prendiamo ad esempio Animali fantastici e dove trovarli, film diretto da David Yates (elemento che conta davvero poco, nel complesso) ma soprattutto simbolico viaggio nel nuovo universo partorito dalla penna di J.K. Rowling, scrittrice britannica che ha conosciuto imperitura fama mondiale con i romanzi – e relativi lungometraggi, ovviamente – su Harry Potter e per l’occasione alle prese con la prima sceneggiatura cinematografica scritta di suo pugno. Inutile sottolineare come le analogie tra quest’opera e quelle aventi come protagonista il celebre “maghetto” siano piuttosto evidenti, tanto da far posizionare il film come una sorta di prequel “temporale” rispetto alle imprese del giovane Harry. Anche in Animali fantastici e dove trovarli troviamo la minuziosa descrizione di una dimensione altra, che parte da premesse reali – la New York del 1926, mèta di immigrazione da ogni parte del globo – per catapultarci in un mondo parallelo composto da creature magiche e maghi più o meno umani che provano in qualsiasi modo a dare ordine ad un Caos che appare come unico e logico sbocco di un’anarchia altrimenti ingovernabile. Se non fosse che alcuni uomini e donne rimangono e rimarranno sempre sensibili al richiamo del Potere…
I sottintesi socio-politici, insomma appaiono ancora una volta leggibili, sia pur dissimulati dalla Rowling in un contesto strettamente fantasy a cui concedere la chiave d’accesso a piccini e adulti rimasti infanti nello spirito. Tutto molto bello e ben descritto, dunque; il problema però è un’opera che palesa in maniera sin troppo evidente il proprio carattere derivativo, quell’ansia di realizzare un altro successo planetario attraverso una storia che, quasi subito, finisce con l’avvitarsi su se stessa in un processo di semplificazione narrativa – pur mantenendo un’indubitabile ricchezza di personaggi e situazioni – che ne sancisce la propria,  quasi preventiva, incapacità di raggiungimento delle alte vette dove regna la Fantasia più pura.
L’aspetto in cui Animali fantastici e dove trovarli manca del tutto è infatti nell’approfondimento della componente umanista che dovrebbe appartenergli. Tutti i personaggi – compreso il protagonista, cioè il giovane Newt Scamander interpretato da Eddie Redmayne, aspirante mago manco a dirlo alla Harry Potter, in bonario conflitto con le creature racchiuse nella sua valigia e comprensibilmente desiderose di evasione, nonché in seria lotta contro poteri malefici non meglio specificati – risultano pedine di un gioco truccato in partenza e perciò sacrificato sull’altare della grancassa di effetti speciali che sembrano l’unico pilastro, peraltro nemmeno troppo saldo, su cui si sostiene il film di David Yates. Un’opera dalla trama confusa, che trova la sua compiuta controparte “avversaria” solamente nel finale, senza però fornire troppe spiegazioni sul come e perché l’umanità avrà sempre una propria metà oscura contro la quale combattere. Fine ultimo della Rowling e di Yates dietro la macchina da presa appare quello di obnubilare senza stupire, trascinare lo spettatore in un vortice di visioni senza indurlo al pensiero anche più fugace, requisito quest’ultimo fondamentale per entrare nella ristretta categoria delle opere cinematografiche ad autentica valenza pedagogica non solo per i più piccoli.
Animali fantastici e dove trovarli risulterà in sostanza un film destinato a piacere ai “potteriani” incalliti, mentre lascerà abbastanza perplessi coloro che auspicavano una terza via nell’espressione artistica della Rowling. Magari quella mostrata, nella miniserie televisiva tratta dal proprio testo e che ha visto la sua collaborazione pure in fase di scrittura, Il seggio vacante, in cui il ritratto sociale di una piccola cittadina inglese era permeato sia di beffarda ironia che lucido pessimismo. Chiaramente, per un prodotto a destinazione trasversale come Animali fantastici e dove trovarli sarebbe stato pretendere troppo; ma qualcosa in più di tracce isolate affogate nel mare magnum di una routine squisitamente formale – come ovvio proposta in stereoscopia visiva – forse era lecito attendersi. La speranza è che la saga, perché di questo si tratterà, possa continuare in modi maggiormente calibrati e ambiziosi.

Daniele De Angelis

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