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Alla ricerca di un senso

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VOTO: 7

Consapevolezza vs. superficialità

Niente può arrestare un’idea, la cui ora è venuta
Victor Hugo

All’inizio di questo documentario “sui generis”, appassionante e ricco di contenuti, vengono enunciati, con molta chiarezza, i presupposti di una ricerca avviata in modo decisamente personale, diremmo quasi in “soggettiva”, per approdare poi a tematiche (non solo ecologiche) di grande spessore, che chiamano in causa l’intera collettività.
Vediamo infatti uno dei registi, Nathanael Coste, far visita al collega ed amico Marc De La Menardière, in quel di New York, dopo circa dieci anni dal loro ultimo incontro. I due nel frattempo hanno preso strade sensibilmente diverse, per non dire opposte. Nathanael ha scelto l’impervio sentiero di un cinema socialmente e politicamente impegnato, realizzando un documentario sullo spinoso problema dell’accesso all’acqua in India. Mentre Marc in America si è trovato la strada spianata verso il successo e la bella vita, agendo però in campo pubblicitario: l’occupazione del giovane film-maker transalpino consisteva infatti nello spingere il consumo di acqua minerale francese negli States. Cosa di per sé paradossale, annoverabile tra i tanti squilibri di una globalizzazione evolutasi male, trasformatasi ormai in totale schizofrenia dei consumi. Tutto ciò accadeva diversi anni fa. Poi ha avuto luogo un piccolo miracolo. Lasciandogli in visione alcuni dei più noti documentari d’inchiesta sulle multinazionali e sui loro svariati misfatti, Nathanael è riuscito piano piano a far uscire l’amico dal guscio, minando le sue certezze e generando in lui una profonda, proficua crisi di coscienza. Di lì a poco li ritroveremo in India, all’inizio di un lungo viaggio nello spazio fisico che diventa anche “rivoluzione interiore”, con Marc finalmente disposto a mettersi in discussione e a rinunciare alla propria stabilità (anche economica), pur di comprendere meglio la strana e inquietante direzione in cui il mondo si è incanalato; mettendo così a frutto per se stesso e per gli altri una serie di incontri con singole personalità, piccoli gruppi ed associazioni più vaste e ramificate, che questo pericolosissimo andazzo provano quotidianamente a contrastarlo, proponendo una via alternativa allo sviluppo.

Dalla lotta contro le multinazionali in India alla difesa della cultura (e della spiritualità) delle comunità indigene in America Centrale, dall’incontro con un illuminato astrofisico vietnamita negli Stati Uniti ad altre esperienze molto formative nella propria terra d’origine, la Francia. Questo loro piccolo diario di viaggio, che incredibilmente riesce a mantenere un’apprezzabile leggerezza di fondo nonostante la ponderosità dei temi trattati, è in parte la trascrizione filmica del cambiamento avvenuto dentro il giovane Marc De La Menardière, in parte una rapsodica ricognizione di quelle forze che in giro per il mondo vanno opponendosi alle pieghe più deleterie della globalizzazione, proponendo un diverso stile di vita, approcci economici eco-sostenibili e un ritorno sempre più sentito alla valorizzazione delle risorse spirituali.
In certi punti il film risente semmai, nella sua autarchia di fondo, di un’impostazione formale che potrebbe infastidire i puristi del documentario, col suo continuo ammiccare al linguaggio dei social media, all’inchiesta televisiva, a tutti quei canali di informazione che possono aver influenzato un prodotto del genere. Un prodotto, ricordiamolo, che è nato quasi come testimonianza video di una personale esperienza di vita, riuscendo poi ad acquisire la statura (e volendo la struttura) di un documentario degno di essere mostrato nelle sale, grazie anche a quella generosa campagna di crowdfunding cui si è potuto attingere, al momento di finalizzare l’impegnativa operazione, per la così dura selezione del materiale raccolto e le sessioni di montaggio durate anni. Accade così che Alla ricerca di un senso, in barba ai possibili limiti di natura “estetica”, si configuri innanzitutto come il risultato di una ricerca realmente sentita, dove l’urgenza di relazionarsi con l’altro assicura efficacia e freschezza allo stesso linguaggio filmico adottato dai due registi.

Stefano Coccia

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