Quel piccolo grande impiccio greco
Cosa accadrebbe se i cliché e i luoghi comuni di nazioni completamente diverse come Germania e Grecia entrassero in rotta di collisione? Una possibile risposta prova a darcela Higway to Hellas, opera terza di Aron Lehmann che, a due anni dalla sua realizzazione e dalla vittoria del premio del pubblico al Pusan International Film Festival, è finalmente riuscita ad approdare su uno schermo nostrano rientrando tra i dieci titoli selezionati nell’ambito della seconda edizione delle Giornate del Cinema Europeo Contemporaneo di Milano.
Come ampiamente pronosticabile, il risultato di tale collisione non poteva che essere un tragicomico scontro tra culture, usi, costumi e soprattutto mentalità agli antipodi. A farne le spese è Jörg Geissner, un conformista impiegato di banca, incaricato di scoprire se per i prestiti concessi tempo fa esistono ancora le garanzie indicate. Presto diventa una presenza scomoda per gli abitanti dell’isola di Paladiki. Soprattutto per Panos, il proprietario del supermercato che con la sua attività vuole mettergli i bastoni tra le ruote. Per Geissner inizia così un’odissea per tutta l’isola, in cui incontrerà molte difficoltà e il suo viaggio da sogno si trasformerà in una gita all’inferno.
La sinossi lascia poco spazio all’immaginazione dello spettatore, poiché tutto ciò che va ad alimentare la narrazione di Higway to Hellas è qualcosa con il quale lo spettatore ha già avuto modo di confrontarsi innumerevoli volte in passato. Quella scritta e diretta dal regista tedesco è una commedia che fonda le sue basi drammaturgiche sullo scontro tra posizioni e modi di vivere diversi, affidati a personaggi inizialmente distanti anni luce destinati strada facendo a incontrarsi fino a cancellare completamente quelle differenze che sembravano abissali. Non si contano più sulle dita delle mani, infatti, le occasioni in cui ci si è trovati al cospetto di dinamiche come queste, dove anche le differenze linguistiche contribuivano a rendere la convivenza ancora più complicata. Senza andare troppo indietro nel tempo, la mente non può non soffermarsi al campione d’incassi francese Giù al Nord di Dany Boon.
Di conseguenza, l’originalità nella costruzione del plot e nel disegno dei personaggi viene per forza di cose meno, lasciando spazio a una commedia convenzionale che conosce però molto bene i meccanismi dell’intrattenimento. Ciò non impedisce a Lehmann di impossessarsi di schemi, elementi e modus operandi ampiamente collaudati, per dare vita a una commedia che sa come strappare più di una risata alla platea, passando attraverso una serie di gag davvero divertenti ed esilaranti (su tutte la prima visita di Geissner al sindaco di Paladiki, il cortocircuito o il bagno notturno del protagonista senza costume). E se il film si dimostra capace di andare oltre la prevedibilità, regalando sorrisi a profusione, il merito è anche dei due co-protagonisti, ossia Christoph Maria Herbst e Adam Bousdoukos (lo Zinos Kazantsakis di Soul Kitchen), che insieme formano una coppia davvero ben assortita. I duetti che li vedono in azione sono l’arma in più nelle mani del regista tedesco per portare a casa il risultato.
Francesco Del Grosso