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Alacrán enamorado

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VOTO: 8

This is Europe

Roma, martedì 12 maggio. L’ultima serata del Festival del cine español, giunto baldanzosamente all’ottava edizione, è stata caratterizzata da un evento che ha subito riempito di adrenalina l’aria: per il segmento capitolino di questo festival itinerante, che sarebbe poi sbarcato a Milano e a Bari, è stato scelto come film di chiusura un lungometraggio datato 2013 quanto mai vibrante, coraggioso, votato a trattare argomenti scomodi – anche politicamente – con un linguaggio cinematografico dall’indiscutibile appeal popolare. Stiamo parlando di Alacrán enamorado, che in Spagna ha già fatto parecchio discutere. Il cinema Farnese è parso per l’occasione gremito. Ad introdurre poi la visione, assieme ai direttori del festival Iris Martín-Peralta e Federico Sartori, ha fatto la sua comparsa lo stesso Santiago Zannou, statuario regista la cui istintiva simpatia è parsa seconda soltanto alla maturità, alla consapevolezza, alla passione, che lo hanno guidato nella realizzazione dell’opera.

Ma chi è, insomma, lo “scorpione innamorato” al quale il titolo allude? Il protagonista si chiama Julián (Álex González) e lo si potrebbe definire un naziskin in crisi di identità. All’inizio del film lo vediamo intento a spaccare teste al fianco di altri rappresentanti del sottoproletariato iberico, che paiono parimenti abbrutiti, pervasi di insani ideali, portati a relazionarsi ai più deboli e ai diversi d’ogni sorta con una cieca violenza. Sono in fondo bassa manovalanza. Perché a indottrinarli, manovrarli e incentivarli tramite valori stantii, è del resto quel cinico e reazionario avvocato, nei cui panni compare il grande Javier Bardem; un soggetto che si configura sin dall’inizio quale guida di un movimento fascistoide ricalcato in parte sull’estrema destra spagnola e in parte sulle malefatte dell’italica CasaPound, rispetto alle quali il regista è parso molto ben informato.
Eppure, quella di cui è protagonista Julián si rivela strada facendo come una storia di redenzione personale attraverso il sacrificio, attraverso l’abbattimento dei pregiudizi, attraverso un pur difficoltoso confronto con gli altri, perché rispetto alla vigliaccheria e alla chiusura mentale in cui i suoi camerati sguazzano beatamente si scorge nel ragazzo un’inclinazione diversa: per amore del pugilato e per conquistare una giovane donna saprà infatti trovare la giusta dose di coraggio, quella che possa permettergli di lasciarsi il marcio alle spalle e compiere scelte difficili, contrarie allo stile di vita sadico e malato dei balordi con cui si era accompagnato fino ad allora.

Tenendo in magico equilibrio gli stilemi del film sportivo e dell’impegno sociale, Santiago Zannou ha dato vista a un adrenalinico lungometraggio che, nell’indagare determinati ambienti, può apparire a tratti un This is England in salsa iberica. Le emozioni arrivano forti, dirette. Lo stile di riprese ritrae in modo accattivante scenari di desolazione suburbana. Ma si aprono anche importanti spazi di riflessione sulla terrificante avanzata dell’estrema destra in Europa (non a caso il movimento coordinato dal personaggio di Javier Bardem assumerà qui un nome sinistro e da noi molto evocativo, fondazione Ezra Pound) e sul vuoto culturale, sociale, economico, dal quale simili operazioni traggono energia sufficiente per scatenare quelle tragiche, assurde guerre tra poveri, di cui le nostre cronache abbondano. Merito di una regia robusta, adeguata, merito delle ottime scelte prese a livello di casting, ma merito anche dell’intuizione narrativa che sta alla base di tutto: Alacrán enamorado è infatti l’adattamento dello scottante libro scritto in precedenza da Carlos Bardem, fratello del succitato Javer, che conoscevamo già abbastanza per ruoli cinematografici tosti, mascolini, e che qui pare particolarmente a suo agio nei panni di Carlomonte, ex pugile destinato a diventare l’allenatore personale (e maestro di vita) del giovane Julián.

Stefano Coccia

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