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Witch Hunt

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VOTO: 6

Non temere il rogo, ma il confine

In un’America moderna dove le streghe sono reali e la stregoneria è illegale, un’adolescente di nome Claire deve affrontare i propri demoni e pregiudizi e aiuta due streghe a evitare le forze dell’ordine per rifugiarsi in Messico. È questa in sintesi la premessa su e intorno alla quale ruota e si sviluppa la vicenda narrata da Elle Callahan nel suo Witch Hunt, presentato nella sezione “Neon” della 21esima edizione del Trieste Science + Fiction Festival.
Non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima volta che ritroviamo tali figure calate in un presente altrettanto ostile, dove la stregoneria e la magia sono proibite e bandite dalla società. Di precedenti ne abbiamo tanti sia sul grande che sul piccolo schermo, motivo per cui non si può di certo annoverare l’originalità tra le qualità dell’opera seconda della cineasta statunitense. Lo spunto interessante che in qualche modo la differenzia dalla ricca filmografia rintracciabile sul mercato va dunque ricercato nelle pieghe della trama e in un aspetto ben preciso: la difficoltà più grande non è più solo quella di sfuggire ai cacciatori di streghe e al rogo, bensì riuscire a oltrepassare clandestinamente il confine tra Stati Uniti e il vicino Messico, laddove il governo Trump ha fatto costruire un muro sorvegliato notte e giorno dal reparto federale.
La Callahan dunque usa il cinema di genere e il filone in questione per riflettere e puntare il dito su quella che è la feroce politica di contrasto del suo Paese nei confronti dell’immigrazione clandestina, che ha conosciuto il suo apice durante la passata amministrazione a stelle e strisce. Le streghe diventano di fatto i profughi e i richiedenti asilo dei giorni nostri, quelli che cercano disperatamente, rischiando la vita, di oltrepassare il confine. In Witch Hunt coesistono e si fondono la componente realistica con quella sci-fi. Per farlo prende in prestito i temi e gli stilemi del filone fanta-horror, l’immaginario e la cultura popolare, per poi fare confluire il tutto in un dramma sociale che ci porta al fianco delle vittime e di chi prova, rischiando a sua volta, a tendere loro una mano. La giovane protagonista e la sua famiglia fanno infatti parte di un’organizzazione che aiuta le streghe ad attraversarlo, ma quando il collegamento viene interrotto dal reparto federale dei cacciatori di streghe, si trovano a dover tenere nascoste due giovani streghe all’interno dei muri della casa. Mentre il cerchio si stringe attorno a loro e strane manifestazioni iniziano a perseguitare la famiglia, Claire scopre di avere in comune con queste streghe più di quanto immaginasse.
L’autrice ipotizza dunque quale possa essere il destino di queste creature al giorno d’oggi, lo intreccia con il dramma umano e in parte con i capitoli di un romanzo di formazione, quello di un’adolescente alle prese con la scoperta della propria identità. Il tutto viene filtrato attraverso i canoni del fanta-horror e giocato attraverso una delle tecniche più utilizzate, ossia quella dello jumpscare. Quest’ultima riesce in un paio di occasioni a fare saltare lo spettatore dalla poltrona, andando invece a vuoto nelle restanti. Il risultato è lo stesso anche sul piano della costruzione della tensione, con momenti efficaci (i test nella piscina, l’irruzione in casa dell’agente o il fermo al confine di una delle spedizioni) che si alternano a passaggi a vuoto nei quali scende vertiginosamente sotto la soglia.

Francesco Del Grosso

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