In molti hanno dato per scontato il Leone d’Oro…
Se c’è un lungometraggio che su tutti verrà ricordato all’interno di questa 82° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, questi è indubbiamente The Voice of Hind Rajab, diretto dalla regista tunisina Kaouther ben Hania, ispirato a fatti realmente accaduti e vincitore del Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria nell’ambito del prestigioso concorso. Dato lo scottante tema trattato (e, soprattutto, data anche la modalità con cui il film stesso è stato realizzato) in molti avevano dato per scontato addirittura un Leone d’Oro per la presente opera. Eppure, si sa, tali scelte non sono mai semplici. Ma, di fatto, di cosa tratta nello specifico questo The Voice of Hind Rajab?
Tutto si svolge il 29 gennaio 2024, negli uffici del call center della Mezzaluna Rossa. Alcuni operatori ricevono una telefonata da parte di Hind Rajab, una bambina di sei anni che si trova intrappolata nell’auto dove viaggiava con i suoi zii e cugini. Tale auto è attualmente sotto attacco, i suoi parenti sono stati uccisi e la piccola chiede disperatamente aiuto. Al momento, tuttavia, non è possibile mandare un’ambulanza, dal momento che ancora dal call center si attende un’autorizzazione a procedere, in modo da evitare che l’ambulanza stessa venga attaccata. Starà agli operatori tenerla nel frattempo al telefono, in modo di tranquillizzarla in attesa dei soccorsi.
Già da una prima, sommaria lettura della sinossi, ci rendiamo immediatamente conto di come The Voice of Hind Rajab possa avere un forte impatto sullo spettatore. La vera particolarità del lungometraggio, tuttavia, sta proprio nel fatto che la regista, nel mettere in scena le lunghe telefonate, ha usato proprio le vere registrazioni della voce della piccola Hind Rajab. Ma su tale scelta ci soffermeremo a breve.
Considerando, infatti, la sua resa sul grande schermo e la messa in scena nel suo insieme, dobbiamo riconoscere come Kaouther ben Hania abbia saputo ben gestire tempistiche e location (l’intero film, di fatto, si svolge esclusivamente negli uffici del suddetto call center), evitando sapientemente cali di ritmo e ben calibrando l’intero lavoro, grazie anche alle performance di un ottimo cast (particolarmente degni di nota, a tal proposito, i momenti di crisi e di dubbi sul come agire vissuti di volta dai quattro protagonisti). E fin qui l’intero lavoro non fa una piega.
Se, tuttavia, ci sono scelte registiche che potrebbero sollevare numerosi interrogativi morali, queste sono rappresentate proprio dal fatto che, come già menzionato, la regista ha deciso di inserire nella messa in scena proprio la vera voce di Hind Rajab. Una decisione, la presente, che naturalmente lascia perplessi, che può addirittura risultare eccessiva, troppo estrema, quasi “funzionale” al voler a tutti i costi scioccare lo spettatore, strumentalizzando, così, il destino della bambina stessa. E, di fatto, soprattutto in luce di ciò, ci rendiamo conto di come la giuria veneziana si sia trovata tra le mani una vera e propria patata bollente, impossibile da non premiare, indubbiamente necessaria per mettere il pubblico davanti a una situazione più che mai urgente, ma anche, chiaramente, particolarmente controversa. E non stupirà il fatto che tale opera, come ben possiamo immaginare, continuerà a dividere numerosi spettatori in tutto il mondo. Cosa resterà, dunque, tra qualche anno? Ai posteri l’ardua sentenza.
Marina Pavido









