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The Piano Accident

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VOTO: 7,5

Nessun dolore

Amato in patria e acclamato nel circuito festivaliero internazionale da pubblico, addetti ai lavori e critica, Quentin Dupieux e il suo cinema per qualche strano motivo che sinceramente non riusciamo a comprendere hanno sempre fatto molta fatica a trovare degli sbocchi distributivi in Italia. Saranno il suo stile eclettico e fuori dagli schermi, oppure lo humour nero, cinico ed estremamente pungente che caratterizzano le storie al centro delle sue commedie grottesche, o ancora le figure boarderline che le popolano, a non andare a genio o a non incontrare i gusti della stragrande maggioranza delle società e degli esercenti nostrani. Fatto sta che solo pochissimi dei quattordici lungometraggi diretti fino ad oggi dal poliedrico disc jockey, produttore discografico (in arte Mr. Oizo) e regista francese sono stati distribuiti nelle nostre sale tra cui Doppia pelle, Mandibules e Yannick. Di altri tasselli della sua filmografia, compreso il più recente The Piano Accident (L’Accident de piano), non vi è al momento nessuna traccia e nemmeno alcuna avvisaglia di una futura diffusione nel Bel Paese. Ma per fortuna ci sono stati i festival a sopperire a tale mancanza offrendo alle opere di Dupieux delle preziose opportunità di visibilità sugli schermi italiani. Nel caso dell’ultima fatica dietro la macchina da presa ci hanno pensato prima la 20esima Festa del Cinema di Roma e poi la 18esima edizione di Piccolo Grande Cinema. Ed è proprio alla kermesse milanese che abbiamo avuto la possibilità di recuperare e goderci la pellicola in questione dopo l’anteprima mondiale in quella capitolina.
The Piano Accident conserva intatti tutti quelli che sono i tratti distintivi e riconoscibili del suo eclettico e spiazzante autore, a cominciare dall’identikit del personaggio principale, che per disegno entra di diritto nella ricca galleria di ritratti da lui creati. Si tratta di Magalie, una star del web diventata ricca e famosa grazie a contenuti estremi e scioccanti diffusi sui social media. Fin dall’adolescenza ha costruito un impero mediatico mostrando al mondo le sue imprese: sottoporsi a esperimenti di autolesionismo utilizzando oggetti come martelli, punteruoli da ghiaccio, mazze da baseball… Tutto documentato, condiviso, monetizzato. A renderla unica è una rara condizione medica: l’insensibilità congenita al dolore. Il suo pubblico, che la conosce come Magaloche, non ne ha mai abbastanza. Ma durante le riprese del suo ultimo video, qualcosa va storto. L’incidente è grave e Magalie si ritira, lontano da tutto e da tutti, in un lussuoso chalet tra le montagne, accompagnata solo da Patrick, il suo devoto assistente personale. La tregua però è breve. Un’ostinata giornalista a conoscenza di un segreto che potrebbe rovinare Magalie, la raggiunge con una minaccia: o concede un’intervista esclusiva o sarà denunciata alla polizia.Ciò rappresenta un vero e proprio punto di rottura con il quale la protagonista dovrà suo malgrado e per il nostro divertimento fare i conti.
Il cineasta parigino firma una storia divertente quanto amara. Lo fa come al suo solito mescolando senza soluzione di continuità i registri per dare vita a una spassosa e imprevedibile commedia grottesca che ha il retrogusto inconfondibile di una lucida e personalissima follia audiovisiva con al centro l’autolesionismo ai tempi dei social. In The Piano Accident, Dupieux affronta a modo suo un tema di strettissima attualità, innestandolo nel tessuto narrativo e drammaturgico con quel ritmo serrato, ma soprattutto con l’umorismo cinico e spietato, che lo contraddistinguono. Quest’ultimo sale di temperatura con lo scorrere dei minuti sino all’esplosione incontrollata di violenza al quale si assiste nel finale. Nel mezzo un vorticoso giro di eventi tragicomici che consentono all’autore, passando per l’efficace trasformazione ridicola e perturbante corporea di una magnifica Adèle Exarchopoulos nei panni di Magalie, di attualizzare la follia auto-rappresentativa per parlare del rapporto con il sé spezzato e dell’ossessione della visibilità sui social. Il ché rende di fatto il film una satira che non fa sconti a niente e a nessuno.

Francesco Del Grosso

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