Mai aprire le porte di casa al Male
Cupo e minaccioso come l’orrore dei peggiori incubi.
E’ così che si presenta il bellissimo cortometraggio Nøcken, opera dell’esordiente danese Nicolai G.H. Johansen, oscuro racconto sulla coscienza, sulle colpe nascoste e sul maligno che si cela dietro il velo della quotidianità.
Presentato durante la 39ma edizione del Fantafestival di Roma, e vincitore a buon diritto del Pipistrello d’Oro per il miglior cortometraggio internazionale, il film si apre mostrandoci quella che appare una normale coppia del medioevo scandinavo. Karl e Dagmar si svegliano assieme ma, fin da subito, appare esserci fra loro un legame ormai freddo. La suggestiva fotografia, un bianco e nero quasi glaciale, sembra indicare l’assenza di tepore e gioia nella vita dei due. Dagmar (Maria Erwolter) è molto devota, prega appena alzata, Karl (Henrik Vestergaard) sembra invece distratto se non infastidito dalla consorte e, nei primissimi minuti, scopriamo che infatti la tradisce. Come molti uomini, però, sembra preferire questa situazione ambigua a una vera presa di posizione: non ha voglia di impegnarsi seriamente con l’amante e, al tempo stesso, non ha voglia di trovare il coraggio per dire realmente alla moglie come stanno le cose. Dagmar comunque sospetta già l’adulterio e, probabilmente, è incapace di affrontare Karl per squarciare il velo di ipocrisia che avvolge la loro esistenza.
Senza rivelare troppo altro, naturalmente, basterà dire che la situazione verrà finalmente scossa dagli strani incubi della triste Dagmar i quali, dopo averla condotta in trance nella foresta oscura che circonda il villaggio, la porteranno a contatto con una maligna entità che, dalla palude, ha preso a nutrirsi del suo dolore e delle menzogne di questa vita…
Il film di Johansen dura solo trenta minuti, eppure immerge totalmente lo spettatore in una storia che, seppur ambientata nel medioevo, rimane attualissima trattando soprattutto di sentimenti ed emozioni che, accompagnati da forti sensi di colpa, albergano non di rado tra le persone. Non si sfugge alle proprie responsabilità, non si sfugge alle proprie bugie nè alla falsità che, allora come oggi, ci capita di inscenare per comodità o pigrizia. I segreti che crediamo di custodire così attentamente sono spesso smaccatamente evidenti per i buoni osservatori, come lo è ad esempio il prete del villaggio che, nonostante le reticenze di Karl, comprende e si oppone agli eventi.
Benissimo l’idea di usare un elemento tipico della superstizione nordica (il titolo internazionale del film è The Nix, cioè mostro mutaforma delle zone palustri) per raccontare dinamiche assolutamente moderne, utilizzare quindi una creatura che si cela nelle paludi per parlarci, appunto, delle paludi in cui finiscono la nostra vita e le nostre anime.
Funziona tutto nel film: attori, fotografia, momenti di suspense e momenti di horror puro.
Una narrazione mai banale che, ne siamo certi, lascerà a lungo nello spettatore una sensazione di profonda inquietudine.
Massimo Brigandì