Nell’armadio di papà
Sembrerebbe quasi una vacanza, dal cinema cupo ed angoscioso che ci ha fatto tanto apprezzare Osgood (Oz) Perkins in questo specifico arco temporale di carriera. Un clone efferato della saga Final Destination in cui una perfida scimmietta giocattolo provoca fantasiose morti in apparente modalità random, colpendo chiunque si trovi nelle proprie vicinanze. E due gemelli, colti in età differente nel corso del film, i quali si trovano a fronteggiare la ferale minaccia.
Un superfluo scherzetto di Halloween? Oppure una marchetta cinematografica – e la dinamica produttiva potrebbe suggerire tale ipotesi – tanto per aggiungere qualcosa ad un curriculum cinematografico già piuttosto ricco? Nulla di tutto ciò. Sia perché The Monkey è tratto da un racconto di Stephen King, scrittore mai del tutto “innocente” nei suoi testi, e soprattutto perché Oz Perkins possiede, avendolo ripetutamente dimostrato in precedenza, una propria visione del mondo piuttosto incline al pessimismo, che benissimo si compensa a quella dell’autore del testo ispiratore. Perciò poco ci vuole a comprendere che la visione di The Monkey agisce sotto traccia, a più livelli. Come del resto fanno tutti i registi dotati di talento. In superficie si alza la soglia del divertimento (per gli appassionati del genere, ovviamente) con omicidi alla ricerca di uno splatter sempre più raffinato, se ci concedete il termine. Ma sotto la crosta si nota un’atmosfera pre-apocalittica (se non già post) dove si demoliscono uno ad uno i pilastri che hanno condotto l’America (leggi Stati Uniti) a questo punto della propria Storia: la famiglia, la chiesa, le armi. Con in aggiunta una poco simpatica scimmietta con tamburo a fare da detonatore di una situazione già di suo perennemente esplosiva.
Certamente si rimane stupefatti e non poco, ad osservare omicidi in stile formale più che impeccabile, come tipico di Perkins. Si è curiosi di sapere come gli sforzi dei gemelli Hal e Bill (solo di uno dei due, in verità) riusciranno a ridurre al silenzio l’infernale giocattolo. Per mano del quale gli omicidi hanno eccome una propria logica tutta da interpretare. Eppure al termine della visione rimane in bocca l’amaro sapore dell’angoscia, esattamente come nel precedente Longlengs. Nessuno risulta immacolato, tutti sono colpevoli di aver condotto il nostro mondo verso il fatidico punto di non ritorno. Gli scheletri nell’armadio abbondano, ma stavolta si manifestano sotto forma di giocattolo lasciato in eredità da un padre da anni defilatosi. Come a dire che si parlerà sempre di eredità famigliare, se non di tara. Alla quale non si può sfuggire.
Letto sotto questo profilo The Monkey è implacabile, raggela il sangue nelle vene. Che mondo lascerà Hal (un funzionale Theo James, chiaramente nella parte di entrambi i gemelli da adulti) al proprio figlio Petey? Una questione che riguarda assolutamente tutti, anche coloro che di pargoli non ne hanno avuti ma dovrebbero sentirsi responsabili.
Bentornati nel non troppo fantastico mondo di Oz.
Daniele De Angelis









