Rompere coi vecchi schemi
La si potrebbe definire un’Austria poco felix, quella non soltanto affrescata sulla facciata di un’edificio pubblico nel corso del film, ma rapportata più in generale a svariate ombre e a immancabili scheletri nell’armadio, sin dalle battute iniziali di Snotty Boy (Rotzbub, 2021). Secondo premio (ex aequo con The Crossing di Florence Miailhle) al Future Film Festival 2021, quello realizzato da Santiago López Jover e Marcus H. Rosenmüller è in effetti un film d’animazione sorprendente sia per qualità tecnico/artistiche che per un’irriverenza di fondo, introdotta nel racconto con sorniona consapevolezza.
Nostalgici del Terzo Reich. Insegnanti preti che in classe castigano gli alunni meno inquadrati, coccolando al contempo in modo losco qualche chierichetto lecchino. Le prime pruriginose fantasie stimolate negli adolescenti del posto da una commessa bionda assai prosperosa, quasi giunonica. Sarà anche un po’ abusato, l’immaginario chiamato in causa da Snotty Boy, ma la freschezza con cui ciò avviene e la variegata, pittoresca galleria di personaggi che caratterizzano il racconto fanno sì che il ritmo non venga mai meno, adagiandosi peraltro su una struttura diegetica indubbiamente picaresca ma non priva di spessore.
L’incipit stesso è inoltre una vera e propria dichiarazione di poetica. Assistiamo infatti alla nascita del protagonista, ripreso già nella pancia della mamma, come fosse un trauma “leopardiano”, accompagnato però dalle note di un valzer mesto e strascicato!
Le stesse battute pronunciate dall’ostetrica di fronte all’infante, figlio dell’oste locale tornato senza un braccio dalla guerra, sono indice dell’umorismo acido cui faremo ben presto il callo e di una satira a tratti irresistibile della società austrica post-bellica.
Ispirato giocosamente alla vita e alla formazione artistica dell’illustratore nonché fumettista Manfred Deix, Snotty Boy è per l’appunto uno sfacciato racconto di formazione dal tratto (anche grafico) sempre azzeccato, sanguigno. L’adolescenza irrequieta del protagonista si snoda tortuosamente tra i fantasmi della vecchia Austria e seminali anticipazioni del ’68 imminente, con accenni di musica psichedelica e iconici juke box già pronti a sostituire il valzer di turno o qualche motivetto buono giusto per le tradizionali birrerie. Non senza che l’ostracismo dei notabili del paese si faccia sentire, ribadendo quel conformismo bigotto di marca cattolica cui il figlio dell’oste vorrebbe sottrarsi…
Divertente, scanzonato, finanche maturo nel proporre certe dicotomie evitando un macchiettismo eccessivo ma senza appesantire per questo la visione, il lungometraggio di Santiago López Jover e Marcus H. Rosenmüller dimostra di avere una marcia in più grazie anche a una cura dell’animazione 3D, che non molte produzioni europee possono vantare. Fluido e coinvolgente nella resa dei movimenti, lo stile rivela infatti personalità, brio e notevoli competenze tecniche; sia che queste si focalizzino sui fondali, sugli ambienti così diversi tra loro che caratterizzano il villaggio austriaco, sia che servano a catturare l’essenza dei personaggi, figure che con poco paiono subito detestabili o in grado di suscitare empatia.
Stefano Coccia