Nemici per la pelle
Per il bimbetto protagonista stare in una rozza famiglia, che a definirla “disfunzionale” gli si fa quasi un complimento, è l’anticamera di un pericoloso apprendistato. Poiché di cattivi maestri in giro ce ne sono parecchi. E se questi per giunta ricordano i famigerati “nazisti dell’Illinois”, coi quali si erano confrontati un tempo i Blues Brothers, allora sono guai seri.
“Fuck the World” cantata a squarciagola in macchina. Capelli del bimbo rasati drasticamente per dargli un look più marziale e quasi da skin head. Un papà che esibisce con fierezza tatuaggi inneggianti al Terzo Reich. Battutacce da caserma assieme a tizi poco raccomandabili, che il padre e la madre però frequentano volentieri. E poi tutti insieme a sparare in campagna per tentare di ammazzare il tempo, in attesa magari di ammazzare qualcun altro… e se quel “qualcun altro” dovesse essere un altro padre di famiglia, però di colore, incrociato per caso al supermercato e vittima già di ottuse provocazioni, gente del genere non si tirerebbe certo indietro.
Anello d’Argento al Miglior Film Cortometraggio durante l’ultima edizione del Ravenna Nightmare, Skin di Guy Nattiv (USA, 2018) è un lavoro cinematografico secco, potente, i cui tempi ben scanditi in fase di montaggio introducono lo spettatore a quella fosca parabola umana, cui si rifà metaforicamente anche la lezioncina sul diverso colore dei serpenti accennata in più momenti del corto. Del resto il “fattaccio” è nell’aria sin dalle primissime scene. E la vigliacca, feroce aggressione messa in atto dal papà nazistoide è destinata a scuotere il pubblico. Impattando così sullo schermo come un violentissimo colpo allo stomaco. Ma la catarsi arriverà, a tempo debito, sotto forma di un altrettanto crudele contrappasso dantesco, in grado peraltro di far riflettere ulteriormente sull’assurdità di qualsiasi movente razziale.
Premio meritato, quindi, per il cortometraggio del cineasta israeliano, il primo da lui girato in America; esperienza fortunata, considerando gli altri riconoscimenti di rilievo (Skin ha trionfato anche alla Hollyshorts e al San Jose Film Festival, venendo inoltre selezionato per il premio dell’Academy), che è servita anche per approfondire il tema in un successivo lungometraggio.
Stefano Coccia