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La stregoneria attraverso i secoli

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VOTO: 9

Dal cinema muto una poco santa inquisizione

In questi anni la collaborazione tra il Ravenna Nightmare e il Conservatorio G. Verdi di Ravenna ha sempre dato buoni frutti. Lo ha fatto ogniqualvolta si è scelto di riproporre un classico del cinema muto sonorizzato dal vivo, non soltanto per l’ottima qualità degli accompagnamenti musicali, composti ed eseguiti in sala dagli studenti dei corsi, ma anche per la stuzzicante rosa dei titoli; da quelli arcinoti come il Nosferatu di Murnau o il Vampyr di Dreyer, fino a qualche chicca vista molte meno volte sul grande schermo. Ed è senz’altro il caso di quel piccolo, eccentrico capolavoro del muto che è La stregoneria attraverso i secoli (Häxan, 1922) di Benjamin Christensen.

Del resto il 2022 aveva coinciso col centenario della sua realizzazione e ciò ha rappresentato, in molte parti del mondo, un’occasione importante per riscoprire questa bizzarra pellicola. Sì, bizzarra, perché se è vero che agli albori del cinematografo le filmografie nordiche si erano cimentate spesso con tematiche sinistre, orrorifiche, spettrali (vedi ad esempio il danese Dreyer col già menzionato Vampyr o lo svedese Victor Sjöström, di cui viene sovente riproposto nei programmi di Storia del Cinema Il carretto fantasma), è altresì riscontrabile ne La stregoneria attraverso i secoli una natura cinematograficamente spuria, ibrida, che rende tale pellicola un “unicum” e non soltanto per il periodo in questione, probabilmente.
Felicissimi noi, quindi, che nel 2024 anche il 22° Ravenna Nightmare abbia voluto rendere omaggio alle così peculiari tensioni dialettiche sprigionate dal film di Christensen, affidando peraltro tali inquietudini alle “cure” dei ragazzi del Conservatorio G. Verdi, capaci qui di cogliere tutta la modernità di tale testo filmico (complimenti che di rimando vanno anche al Prof. Paolo Mazzocchi, loro mentore) e traslitterarla in una composizione musicale sinuosa, avvolgente, ricca di picchi drammatici.
Dallo stridere sofferto degli archi a voci femminili che non sfigurerebbero in un horror di Dario Argento, dall’incedere solenne delle percussioni a quel tocco di ulteriore inquietudine portato da uno strumento che pensiamo essere uno xilofono, la loro versione orchestrale ci è parsa brillante e adeguata al contesto.

Ma cos’è dunque La stregoneria attraverso i secoli? Un singolare trattato antropologico per immagini. Una riflessione filosofica alquanto moderna sugli apparati repressivi gestiti un tempo crudelmente dalla Chiesa e trasfigurati oggi, secondo formule magari più tenui ma comunque invasive, in determinate pratiche correlate alla scienza medica o ad altre istituzioni “secolarizzate”. Un viaggio misterico realizzato, nella sua dimensione fantastica, con strumenti che sembrano guardare a Melies o ad altri sublimi artigiani del cinema delle origini. Un “embrione” di cinema horror incastonato però in una cornice semi-documentaristica tale da suggerire, ai più, un possibile accostamento con l’odierna docu-fiction.
Anomalo, seminale, grottesco, ricco di folgoranti intuizioni, La stregoneria attraverso i secoli infrange le barriere del tempo mettendo in scena studi sulla demonologia antica (del resto l’autore fece una ricerca insolitamente lunga sull’argomento, prima di mettersi a girare), ricostruzioni incredibilmente minuziose dei sadici interrogatori e dei processi alle streghe tristemente in voga dal Medioevo fino a secoli meno lontani, sabba infernali ricostruiti con molta fantasia e vertiginosi allacci alle presunte cure per l’isteria femminile d’impronta ottocentesca e novecentesca.
Da questo zibaldone che assume tratti molto “naïf” e per certi versi irresistibili nella rappresentazione dei demoni, delle streghe e dei sortilegi, emerge comunque un fil rouge, dal carattere neanche troppo velatamente libertario e anti-clericale, votato da una prospettiva decisamente umanista a contrapporre gli abusi del potere alla salvaguardia della libertà di pensiero e del corpo stesso, in particolare quello delle donne.

Stefano Coccia

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