Una notte da DJ
Il 2015 è stato, senza ombra di dubbio alcuno, l’anno di Eli Roth. Nonostante come sceneggiatore e produttore non si sia mai realmente fermato (nel 2014 ha scritto e finanziato Clown, un lavoro interessante nelle intenzioni ma assolutamente da cestinare in fase di realizzazione), il cineasta del Massachusetts torna alla regia dopo un lungo periodo di stop. Le ultime pellicole da lui dirette risalgono infatti ad alcuni anni fa, quando dimostrò di saperci fare sia con Hostel (2005) e sequel (2007), ed ancora prima con il ben riuscito Cabin Fever (2002). Doppietta invece nell’anno che oramai giunge alla sua conclusione: The Green Inferno (concepito nel 2013 ma nelle sale solo da qualche settimana) e, appunto, Knock Knock. Due prodotti senza dubbio diversi, ma che ben si inseriscono in un percorso di crescita artistica e professionale.
Evan Webber (Keanu Reeves) è un architetto felicemente sposato con un’artista di origine spagnola e con la quale ha avuto due meravigliosi bambini. Il giorno della festa del papà, mentre i figli e la moglie vanno a festeggiare in spiaggia per un weekend, degli urgenti impegni lavorativi lo costringono a casa da solo. Quella sera stessa, due giovani puttanelle tutte bagnate e semi-nude bussano alla sua porta: sono Genesis (Lorenza Izzo) e Bel (Ana de Armas), che con una stupida scusa riescono ad intrufolarsi nella villa del mal capitato. Facile immaginare che, dopo averlo sedotto e provocato, le ragazzine si fanno scopare entrambe in un ménage à trois. La melodia cambia la mattina successiva, al loro risveglio.
Knock Knock è un home invasion a tutti gli effetti. Il cacciatore occupa lo spazio privato della preda, stuprandolo e violandolo nell’intimità del proprio domicilio che dovrebbe essere – nell’epoca della proprietà come diritto – l’unico luogo sicuro e protetto. Gli affetti dentro, la merda del mondo fuori. È il senso dello stravolgimento di questa regola, ormai universalmente riconosciuta, a creare un senso di angoscia dal quale è difficile liberarsi. Il richiamo va, come di consueto, ad altre pellicole di genere che hanno preceduto il lavoro di Roth: da Arancia Meccanica (1971) ad altri più recenti quali Funny Games (1997 e remake del 2007), Them (film francese del 2006, ispirato ad una storia vera) o The Stangers (2008). Tra il 2013 ed il 2014 hanno fatto la loro comparsa nei cinema anche altri due film, con delle note distopiche ma non altrettanto ben riusciti come i precedenti, La notte del giudizio ed il suo sequel.
Knock Knock (letteralmente “toc toc”, bussano alla porta) ha, come già The Green Inferno, una sua forza morale. Mette davanti due generazioni diverse: da una parte quella di Evan, che incarna la solidità dei rapporti umani e sentimentali, lontana dalla sovraesposizione sessuale, in cui carne e sentimento sono strettamente intrecciati in un abbraccio indissolubile; dall’altra quella delle due ragazze (figlie del disagio o figlie di papà? Non ci è dato saperlo e non è rilevante, visto la matrice comune), dove il sesso viene depauperato da tutta la sua validità romantica per diventare puro divertimento senza limiti. Non è solo la forza degli argomenti (la critica alla monogamia come forzatura sociale) a far cadere le difese e le convinzioni del padre di famiglia.
Eli Roth mette dell’altro trasformando Evan – bravissimo Keanu Reeves con qualche chilo di troppo e la chioma plumbea – da preda a carnefice, mostro traditore da sbattere in prima pagina. Il giudizio è rigettato sullo spettatore che assiste, come nell’aula di un tribunale, alle dimostrazioni delle parti. È la voce del popolo, della sua pancia, ad essere rappresentata da Genesis e Bel nel quiz televisivo inscenato nel salone dell’imputato: quale pena per un traditore e (forse) pedofilo? Si attende una risposta corale che, vista anche la mancanza di violenza in questo lavoro del regista statunitense, ha sicuramente l’effetto allucinatorio di ettolitri di sangue sparsi per la cucina.
Knock Knock allora non è di certo un esercizio stilistico, ma si inserisce – come abbiamo detto – nel percorso di un artista che in modo diretto e divertente sta collaudando sempre più un cinema che ha il suo cuore pulsante nelle riflessioni che propone. Questo lo fa, Eli Roth, tracciando le linee guida entro cui lo spettatore dovrà muoversi, ma senza mai suggerire risposte scontate o banali.
Riccardo Scano