La piacevolissima conversazione avuta con uno dei protagonisti di Hip Hop CineFest
Alla quinta edizione di HipHop Cinefest i lavori di Antoine Schirer, giornalista e film-maker transalpino in cui la passione per inchieste su temi importanti e a lui cari si sovrappone ai trascorsi da B-Boy, hanno generato forti emozioni, nel pubblico e in chi ne sta ora scrivendo. Per il così attuale, purtroppo, Gaza: A Dance School Under The Bombs è arrivato anche un premio.
Ma anche il frizzante Chasing the Double Airflare ha saputo attirare l’attenzione di breakers e semplici appassionati! Di tutto ciò abbiamo discusso volentieri con il giovane regista francese, da subito disponibilissimo nei nostri confronti.
D: Innanzitutto, Antoine, vorremmo chiederti se hai qualche notizia recente delle persone incontrate per Gaza: A Dance School Under The Bombs, dato che siamo tutti un po’ preoccupati per quello che sta succedendo là, in territorio palestinese, proprio in questo momento.
Antoine Schirer: Come dici tu, la situazione nella Striscia di Gaza è pessima in questo momento. Da 18 mesi, l’enclave palestinese è bersaglio di bombardamenti di massa da parte dell’esercito israeliano, che hanno causato decine di migliaia di vittime. Più recentemente, l’area ha subito un blocco degli aiuti umanitari lungo 3 mesi.
In questa situazione drammatica, Camps Breakerz ha continuato a svolgere le sue attività fino ad oggi. Tre volte a settimana, accolgono i bambini per partecipare ad attività di danza e intrattenimento, portando loro un po’ di gioia in questa catastrofe. “Un momento di pausa durante la guerra”, come dice Lilou nel film.
Ahmed, intervistato nel film, ha lasciato la Striscia di Gaza. I programmi sono ora guidati da Marcel, un altro ballerino di Camps Breakerz.
Puoi seguire le loro attività e iniziative su Instagram: @campsbreakerz
D: Facendo un piccolo passo indietro, come ti sei imbattuto nelle storie dei B-Boys palestinesi, di cui abbiamo sentito parlare la prima volta proprio grazie a Gaza: A Dance School Under The Bombs?
Antoine Schirer: Io stesso sono un B-Boy da 20 anni e avevo sentito parlare di questa crew di danza a Gaza qualche tempo fa. Dopo il 7 ottobre 2023, preoccupato, ho iniziato a controllare il loro account Instagram e sono rimasto stupito nel vedere che continuavano le loro attività in queste difficili circostanze.
La mia decisione di girare un film è arrivata qualche mese dopo, quando ho sentito da amici dei B-Boys che avevano assistito a un doppio standard nella scena emergente in Europa: alcuni attori/eventi importanti avevano pubblicamente espresso sostegno all’Ucraina dopo l’invasione russa. Ma pochissimi, a parte qualche ballerino, avevano fatto lo stesso per i palestinesi, dopo mesi di bombardamenti…
Ho pensato che non fosse giusto. La nostra danza fa parte del movimento hip hop, una cultura creata dalle comunità nere che subiscono discriminazione e razzismo in America. Vedo un modello simile in ciò che i palestinesi stanno sopportando da 80 anni. Ho pensato che dovremmo anche mostrare il nostro sostegno ai nostri compagni B-Boy e B-Girl. Ecco perché, insieme ai coautori Lilou, Hakoomy e Simon, abbiamo deciso di far luce sulla loro storia.
D: Alla fine del tuo cortometraggio ci sono alcune vibranti testimonianze di solidarietà internazionale verso Gaza, provenienti dal mondo dell’hip hop. Loro chi sono e come li avete contattati?
Antoine Schirer: Durante le riprese del film, abbiamo deciso con Lilou, campionessa mondiale di breaking, di contattare altri campioni e chiedere loro se fossero interessati a unire le loro voci alla nostra. Tre hanno risposto positivamente al nostro appello: tre leggende del breaking: Menno dai Paesi Bassi, Yaman dalla Francia e Neguin dal Brasile.
D: All’Hip Hop CineFest hai partecipato con due interessantissime opere, questa qua e il brillante cortometraggio Chasing the Double Airflare, di cui parleremo dopo. Quali sono le tue impressioni sul festival e come l’hai scoperto?
Antoine Schirer: Ho sentito parlare del festival qualche anno fa. Nel 2024, dopo alcuni anni trascorsi lavorando a progetti video “non hip-hop”, sono riuscito a produrre questi due lavori. Quindi ero davvero ansioso di presentarli a diversi festival di cinema hip-hop in Europa, incluso l’Hip-Hop Cine Fest.
Purtroppo non sono riuscito ad essere presente a Roma per il festival. Ma conto di poterci venire l’anno prossimo!
D: Facendo ora ben due passi indietro, come è nata la tua passione per l’hip hop?
Antoine Schirer: È iniziata in modo molto casuale. Ero un ragazzino parecchio timido in un piccolo villaggio nel sud-ovest della Francia, e un giorno, intorno ai 15 anni, ho visto un altro ragazzo fare un passo di breaking, il six-step. Ho pensato allora che essere un ballerino hip hop avrebbe potuto farmi sembrare più figo che essere un tennista, ahah. Ecco perché, all’inizio, ho cominciato a imparare e praticare il breaking.
Ma rapidamente, si è trasformata in una vera passione.
Non molto tempo dopo, ho preso in mano la mia prima videocamera e ho iniziato a filmare gli amici e le battle locali… Sono rimasto un B-Boy mediocre, ma le cose hanno preso una piega diversa dal punto di vista cinematografico. Inaspettatamente, di battle in battle, questa cosa mi ha portato in giro per il mondo a filmare eventi di danza internazionali come IBE, R16 Korea, Juste Debout… Ho avuto la possibilità di lavorare con molti dei miei idoli della danza e anche di incontrare artisti meravigliosi come Camps Breakers.
Questa attività l’ho interrotta tra il 2016 e il 2022, mentre costruivo la mia carriera di giornalista e regista. Da 2-3 anni, invece, cerco di sviluppare progetti di documentari.
D: Ora, tornando a Chasing the Double Airflare, puoi dirci cosa ti ha spinto a indagare su quel passo, il Double Airflare, di così difficile esecuzione da essere definito il “Santo Graal” del breaking?
Antoine Schirer: Con i miei coautori Sylvain e Jonathan – anche loro ballerini – stavamo cercando la storia adatta, per raccontare alcune delle cose che ci piacevano della cultura del breaking: solidarietà, rispetto, resilienza… E volevamo anche trovare qualcosa che potesse coinvolgere non solo i breaker, ma chiunque.
Pensavamo che, in questa storia del Double Airflare – una mossa considerata impossibile perché troppo pericolosa – ci fosse qualcosa di spettacolare e intrigante che potesse interessare un vasto pubblico.
Il nostro progetto iniziale era di realizzare un documentario. Ma, a un certo punto, abbiamo sentito che il marchio Red Bull aveva avuto la stessa idea… E presto si sono appropriati della storia in modo piuttosto drastico: hanno firmato contratti di esclusiva con i tre atleti principali! (Monkey King, C-Lil e Bart.) Questo ha praticamente rovinato il nostro progetto iniziale, ahah.
Dopo molti sviluppi imprevisti, alla fine è diventato il breve documentario che hai guardato.
D: Ci sembra che tu lì abbia adottato un tono più ironico, ludico, situazionista. Cosa puoi dirci a riguardo?
Antoine Schirer: È vero. In realtà, quella battuta d’arresto dovuta a Red Bull ha avuto un impatto notevole sulla nostra produzione cinematografica. Intorno al maggio 2023, abbiamo perso l’accesso ai ballerini ed è diventato impossibile raccontare la storia dal “loro” punto di vista.
Stavamo quasi per rinunciare quando abbiamo avuto l’opportunità, dato che il breaking sarebbe stato presente alle Olimpiadi del 2024, di realizzarne una versione breve per Le Monde, media francese per cui lavoro occasionalmente come freelance.
Abbiamo cercato un altro modo per raccontare la storia e abbiamo pensato che sarebbe stato carino farlo dal “mio” punto di vista. Raccontando il nostro processo di “indagine”, in un certo senso.
Abbiamo anche adattato la nostra storia al tono di Le Monde. Ho cercato con tutte le forze di conciliare questi due obiettivi: rendere la storia accessibile a un vasto pubblico, pur rimanendo fedele alla cultura del breaking. Una grande preoccupazione quando si lavora con i media mainstream. Ma è andata bene (credo).
Il video ha avuto successo (2 milioni di visualizzazioni su YouTube). Sono contento del risultato, ma credo che lungo il percorso abbiamo perso parte del nostro intento iniziale (raccontare la solidarietà nel breaking, la resilienza, ecc.). Cercherò di fare meglio nel prossimo film!
D: Per finire, in Chasing the Double Airflare viene menzionato, per l’appunto, l’imminente appuntamento con le Olimpiadi di Parigi. Sei riuscito a seguire le gare di breaking quest’estate e quali impressioni ne hai tratto?
Antoine Schirer: Come molti B-Boys, credo di essere rimasto un po’ deluso da come si è svolto. L’evento in sé in qualche modo “non ce l’ha cantata bene” (…la preparazione, i vestiti, i giudici, la presentazione in TV…). Poi il fenomeno “Raygunn” (l’atleta australiana divenuta tristemente nota, per aver buttato tutto in farsa, N.d.R.) mi ha rattristato molto. Credo che dietro di lei ci sia stata una mancanza di rispetto per l’intera comunità del breaking.
Ma era in qualche modo scontato, dopo molte divergenze tra i promotori e alcuni rappresentanti della comunità. (il sito evidenziato lo spiega bene).
Il breaking non sarà alle prossime Olimpiadi e non credo sia una cattiva notizia. Credo che il breaking respiri meglio lontano da tutti questi attori commerciali.
Stefano Coccia