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Il Cinema (e altro) al tempo del Covid-19

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Resistere. Sempre.

Non è l’Apocalisse. Ma certamente qualcosa di molto serio, che non eravamo pronti ad affrontare. In Italia come nel resto del mondo. L’ormai famigerato coronavirus si distingue per l’altissimo tasso di contagiosità. E colpisce tutti, indiscriminatamente. Come sia nato, a questo punto, importa poco. Se c’è, direttamente o meno, la mano dell’uomo, questo forse sarà la scienza un giorno a dare una risposta. Dove, cioè in Cina, anche. Eppure la sua diffusione nel globo non può che generare più di un qualche cattivo pensiero. In primo luogo sulla mancata comprensione del mondo in cui tutti – e sottolineiamo tutti – viviamo. A parte qualche addetto ai lavori, esperto in virologia e manifestazioni epidemiche, chiunque di noi ha pensato e sperato che la criticità scaturita dal contagio rimanesse circoscritta alla zona cinese dove si è generato. Una catena di errori iniziata dalla Cina medesima, sempre pronta a minimizzare, almeno in un primo momento, la sinistra realtà che si stava materializzando. Le migliaia di vittima della zona di Wuhan avrebbero dovuto far squillare non cento, ma milioni di segnali d’allarme. Invece il resto del mondo, chi più chi meno concentrato su sovranismi del tutto fuori dal tempo con relativo divieto d’accesso allo “straniero”, ha classicamente incrociato le dita autoconvincendosi che il virus fisicamente lontano mai avrebbe attecchito nel paese di appartenenza. Il risultato del disastro è sotto gli occhi di tutti. Particolarmente nel nostro paese, per il quale sono scattati tardivi provvedimenti che solo qualche mese fa sarebbero apparsi degni di un film di fantascienza appartenente al sottogenere catastrofico.
Coalizzare le forze. Mettersi subito all’opera, a livello internazionale, per elaborare un piano efficace di limitazione dell’epidemia e la ricerca di un possibile vaccino. Quanto prezioso tempo si è invece perso nell’attesa di un evento che puntualmente, nonostante gli scongiuri di rito, è arrivato dappertutto? E stupisce come qualche poco illuminato potente della Terra minimizzi ancora la questione, trattandola a livello di fastidioso raffreddore o poco più. Mentre sono ovviamente i meno dotati di difese (anziani, malati pregressi, bambini) le prime vittime di un virus che, incredibilmente, pare stia tuttora cogliendo molti di sorpresa. Senza garanzie su quanto l’emergenza possa durare tutti siamo chiamati a compiere dei sacrifici, a modificare i nostri parametri abituali di vita. Anche, nel nostro piccolo, noi cinefili, che amiamo senza riserve la Settima Arte un po’ per lavoro molto per passione e che ci troviamo in difficoltà nel riorganizzare la nostra attività quotidiana. Non calcolando, nel settore, le ingenti perdite economiche che ciò sta già causando. Destinate comunque a passare in secondo piano di fronte alla salvaguardia di vite umane.
E tuttavia, anche se privati per il momento del “sacro” luogo di fruizione della sala cinematografica, noi sapremo andare avanti. Perché il Cinema non finirà certo a causa di un infinitesimale microrganismo parassitario, ma continuerà per sempre, come accaduto prima e accadrà dopo di noi. Nel frattempo approfitteremo, svicolando per un certo periodo dalla stretta attualità, per guardarci intorno. Indirizzando lo sguardo, come sempre abbiamo fatto, a quel cinema “periferico” di solito quasi prerogativa unica dei diretti interessati e affini, o anche a rivangare un certo cinema del passato che ha contribuito, in maniera determinante, a formare sia quello di oggi che i suoi fedeli appassionati. Per fortuna, nella nostra contemporaneità, modi di fruizione della Settima Arte ne esistono a bizzeffe. In attesa di tornare a godere del grande schermo.
Insomma, resisteremo. Con nuove idee e possibilità di confronto. E riusciremo a metterci alle spalle anche questo nefasto periodo. Sul quale però si dovrà riflettere molto a lungo. Guai se non lo facessimo…

Daniele De Angelis

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