Un’incredibile storia americana
Ma davvero un tranquillo ed impacciato, quasi al limite dall’essere considerato un “nerd”, insegnante di filosofia può trasformarsi nel più glaciale dei killer prezzolati che la storia statunitense ricordi? Alla doppia vita di tale Gary Johnson non crederebbe assolutamente nessuno. E infatti…
Fortunatamente ci ha creduto appieno Richard Linklater. Il quale, da straordinario cantore libero di un’America sotterranea quale è sempre stato, ha visto in Hit Man – Killer per caso tutte le potenzialità di una storia in grado di illustrare, come meglio non si potrebbe, la classica parabola esemplare sul cosiddetto american way of life. Percorso di crescita (oppure cambiamento, che dir si voglia), punto fermo della narrativa dell’autore texano, ovviamente incluso nel pacchetto. Il tutto realizzato attraverso un excursus tra i generi cinematografici più disparati, raramente amalgamati in modo così equilibrato e perfetto.
L’esistenza di Gary Johnson scorre abbastanza anonima, tra lezioni universitarie assai poco intriganti e cura in solitaria degli amati gatti domestici. Allo scopo di vivacizzarla un po’, allora, niente di meglio che una collaborazione con la polizia per un lavoro sotto copertura. Che presenta invero più di qualche insidia. Rischi che si manifestano appieno quando Gary, nelle vesti di Ron – spavaldo killer a pagamento – incontra la bellissima Madison, infelicemente sposata ad un marito possessivo e violento. Vietato raccontare oltre al fine di non sciupare le molte sorprese insite nella visione. Impossibile però non tenere conto della sofisticata operazione messa in atto con sublime maestria da Linklater, il quale parte avendo ben impresse nella memoria le classiche commedie hollywoodiane del tempo che fu per poi scivolare con studiatissima gradualità nel thriller “esistenziale” e terminando il suo discorso di grande attualità sulla pura essenza dell’essere americani a pieno titolo, universalizzando perdipiù il concetto come ciliegina su una torta perfetta.
Domande di insondabile profondità avanzano dunque spontaneamente durante la visione di un’opera che stimola assieme risate e riflessione. Chi è veramente la persona che crediamo di riconoscere come “anima gemella”? E, alzando l’asticella, chi siamo in realtà noi stessi? Le medesime persone che ogni giorno trascorrono le proprie giornate in una routine deleteria e soffocante? Questioni decisamente insolite all’interno di un lungometraggio di un intrattenimento mai fine a sé stesso. Anche perché l’intera filmografia di Linklater nasconde una sorta di lato oscuro, capace di emergere solamente a visione conclusa. In Hit Man, in fondo, il meccanismo narrativo è lo stesso che animava un cult, nonché grande successo commerciale, come School of Rock (2003). Il simbolico passaggio di identità per mostrare al resto della società le proprie capacità e perciò affermarsi. Un inganno inevitabile per cercare di ricominciare dalle ceneri degli errori commessi in passato. Il prezzo da pagare – molto alto, nel caso di Hit Man – conta relativamente, se il traguardo finale è quello che è. Ovvero l’affermazione di se stessi nell’ambito dello stereotipo comune e la conseguente felicità raggiunta, se non ci si guarda addietro. La filosofia che diventa azione, senza soverchi scrupoli. In un epilogo da standing ovation per il modo in cui mette a nudo l’egoismo latente che alberga in Gary al pari di ognuno di noi. Empatia nella mostruosità di cogliere al volo un’occasione quasi certamente irripetibile.
Processo identificativo straordinariamente favorito dalla performance del protagonista maschile Glen Powell – anche cosceneggiatore del film assieme a Linklater, e si nota dal coinvolgimento – attore del momento, forse l’unico in grado di replicare il carisma e l’ironia di un Clint Eastwood dei bei tempi. E la sua evidente alchimia con Adria Arjona (Madison) riesce ad arricchire Hit Man di sequenze memorabili, tipo il frenetico, irresistibile, colloquio della coppia sotto intercettazione.
Dopo il passaggio alla Mostra del Cinema di Venezia 2023 è arrivato finalmente il turno degli spettatori di tutta Italia di godersi Hit Man. Un’opera capace di posizionarsi ben oltre un divertimento cesellato e perciò riuscito.
Daniele De Angelis