La memoria degli oggetti
Tra gli argomenti che hanno maggiormente monopolizzato l’attenzione negli ultimi anni c’è per forza di cose la Pandemia. Del resto un evento di tale portata, che ha segnato in maniera indelebile la storia e l’esistenza di miliardi di persone a tutte le latitudini, non poteva non generare di riflesso una narrativa audiovisiva su larga scala incentrata sul tema o su vicende ambientate durante e dopo. Motivo per cui l’onda lunga del racconto pandemico non ha ancora esaurito completamente – e probabilmente non lo farà mai – la sua “carica virale”. Il ché porterà, da qui ai prossimi anni, sul piccolo e grande schermo, una serie di progetti di varia natura che direttamente o indirettamente faranno riferimento al Covid-19, a ciò che ha provocato, alle vite che ha spezzato e alle ferite non ancora cicatrizzate nella memoria collettiva. Tra questi figura Frammenti, il cortometraggio di Andrea Casadio che abbiamo visto e apprezzato nel corso della 19a edizione di Cortinametraggio, laddove è stato presentato in concorso.
Il regista ravvenate riavvolge le lancette dell’orologio per riportarci in un’Italia devastata da una emergenza sanitaria. Qui ci ritroviamo al seguito di Daniela, una tirocinante di medicina alla prima esperienza lavorativa, alla quale spetta il difficilissimo compito di comunicare la morte dei pazienti ai rispettivi familiari in pieno lockdown. Uno di questi sembra essere senza nessun contatto, ma in fin di vita ha lasciato un messaggio per una donna. Daniela, diversamente dal solito, si lascia prendere dalla vicenda e dedica corpo e anima alla ricerca del destinatario del messaggio, per poi trovarsi in dubbio sul da farsi una volta recuperato il numero telefonico della donna misteriosa: avrà il coraggio di chiamarla?
La risposta la lasciamo ovviamente alla visione di questo dramma sulla breve distanza che nonostante la manciata di minuti a disposizione (12 circa) riesce a esplorare una vastissima gamma di emozioni cangianti alzando e abbassando la temperatura sino a deflagrare in un finale di forte impatto. Il risultato è uno sguardo intimo e delicato su uno dei momenti più tragici della storia recente che grazie alla sensibilità dell’autore, coadiuvato in fase di scrittura da Andrea Brusa, riesce a sfuggire alle sabbie mobili della spettacolarizzazione del dolore andando alla radice della tragedia individuale e collettiva, ma senza mai calcare la mano con un approccio voyeuristico e morboso.
Frammenti narra con tatto e purezza d’intenti di un’altra pagina poco conosciuta della cronaca pandemica, costruendoci intorno un micro-racconto circoscritto che da un punto di vista intimo e privato si apre poi a un’odissea che come uno tsunami ha travolto il mondo intero. Ripensando al plot la mente ritorna per analogie al secondo episodio della quarta stagione di The Good Doctor dal titolo “In prima linea”, in cui il personaggio della dottoressa Claire Browne (interpretata dalla bravissima attrice britannica Antonia Thomas) cerca un modo per superare il dolore per la morte del collega al San Jose St. Bonaventure Hospital oltre che compagno di vita attraverso i suoi pazienti. Per farlo recupera, cataloga e cerca di consegnare gli effetti personali dei pazienti deceduti (tra cui un veterano di guerra) ai familiari, ma solo dopo averli rintracciati e comunicato loro la scomparsa del proprio caro. Qui il testimone passa a una convincente e coinvolta Matilde Gioli che per l’occasione torna in corsia nei giorni di fuoco dell’epidemia, gli stessi affrontati come Giulia Giordano nei primi episodi della seconda stagione di DOC – Nelle tue mani. In Frammenti, l’attrice milanese veste nuovamente il camice, stavolta non da medico strutturato in un reparto di medicina interna, bensì da tirocinante in un ospedale non meglio identificato, per svolgere il medesimo e triste compito.
Impossibile non chiamare in causa il personaggio nella celebre serie Rai così come le similitudini nel plot con quella altrettanto amata a stelle e strisce, ciononostante il regista prima e la sua interprete poi sono stati straordinariamente efficaci nel creare una storia e un personaggio che potessero vivere di vita propria in piena autonomia. Da una parte troviamo un Casadio che al suo terzo cortometraggio di fiction dopo Controllo a distanza e A Moment of Magic ha dimostrato di sapersi districare e affrontare temi dal peso specifico rilevante senza timori reverenziali. Qui rimane intatto lo sguardo sulla quotidianità segnato da sentimenti profondi, raccontati attraverso la realtà in tutte le sue pieghe, anche le più dure. Quelle nelle quali si e ci immerge in questa nuova fatica dietro la macchina da presa non sono da meno, alzando e non di poco il coefficiente di difficoltà. Lo fa con uno stile asciutto e sobrio, completamente al servizio della scrittura e della sola figura in scena, lontano per fortuna da quello che caratterizza la confezione estetico-formale degli spot per i noti brand da lui firmati. Dall’altra parte c’è una Gioli che lavora in sottrazione, si carica sulle spalle l’intero corto, dando il giusto livello di verità e intensità al personaggio che le è stato affidato.
Francesco Del Grosso