Abbi pazienza…
Abbi pazienza perché ancora non ti capisco, abbi pazienza perché ho fatto tanta strada, abbi pazienza perché ho lasciato tutto per venire da te, abbi pazienza perché ti amo, abbi pazienza perché non è questo il mio paese ma è qui che voglio stare, abbi pazienza perché sei tu il mio paese.
La regista israelita Daphna Awandish con il corto Bear With Me (let. Abbi pazienza), in concorso nell’edizione 2020 dell’European Indipendent Film Festival introduce con delicatezza un tema molto forte e sempre attuale, l’immigrazione. Ma non tanto l’immigrazione come elemento nella sua generalità, fenomeno di persone o gruppi di persone che si spostano per i più vari motivi. Quanto l’immigrazione di persone che emigrano per amore. Un motore potente l’amore. Tanto potente da spingere le persone ad abbandonare i luoghi che chiamano “casa” per attraversare uno e più confini, solo per ricongiungersi con una persona amata, per poter vivere insieme ad essa. Per poter, insomma, creare e mantenere intatta la propria nazione di due.
Un tema che l’autrice deve avvertire con una certa forza, giacché anche lei è una migrante che risiede da anni ad Amsterdam. Con uno stile d’animazione solo in apparenza infantile realizzato con disegni animati colorati da pastelli che contraddistingue anche altre sue opere e che riporta alla mente, seppure velatamente, la pittura naïf, la Awandish mette in immagini alcune interviste ad immigrati per amore; nel farlo organizza anche un piccolo gioco di parole basato sul modo di dire in lingua inglese che dà il titolo al corto. Vediamo dunque questi orsi che ci parlano della loro vita di immigrati, del loro quotidiano, dei loro sentimenti, insomma che ci introducono al loro piccolo mondo privato. Certo la struttura può ricordare alcuni dei primi corti della Aardman Animations negli anni Ottanta ma il tono è totalmente diverso. Tanto quei lavori erano intrisi di humour inglese nel prendere garbatamente in giro le idiosincrasie dei britannici, tanto qui il tono riflette un’elevazione poetica dei sentimenti e della quotidianità, si avverte forse una leggera aura di realismo magico, ma è qualcosa di molto più particolare. Il secondo elemento che contribuisce a trasportare lo spettatore in uno stato di grazia è il tono stesso delle interviste e l’importanza che da esse traspare del ruolo della lingua per entrare a far parte di una comunità. È attraverso la lingua e la comprensione culturale che ne deriva che si forma e compone una comunità. Ciò ci viene trasmesso dall’anziana coppia ebrea che trova molto più facile dirsi “ti amo” in inglese che in ebraico, e vale anche per la giovane coppia indiana che impara l’inglese ascoltando le canzoni alla radio, ballando e cantando mentre cucinano insieme. Insomma, attraverso la lingua e la cultura si formano tutte queste nuove piccole nazioni che si fondono insieme in una nuova grande nazione. È bellissimo, è giusto e non c’è niente di cui avere paura.
Luca Bovio