La terra non smetterà di tremare
Era il 6 maggio 1976 quando un sisma di magnitudo 6.5 della scala Richter colpì il Friuli Venezia Giulia e i territori circostanti con epicentro tra Gemona e Artegna, in località Lessi. Le lancette dell’orologio segnavano le ore 21:00:12. E il tutto si consumò in meno di un minuto, per la precisione 59 interminabili secondi. Tanti furono sufficienti per devastare tutto il sistema di vita di una popolazione laboriosa, compromettendo gravemente il tessuto economico-sociale e lasciando dietro a sé un desolato panorama di rovine. Ad oggi, per vastità della zona colpita, per i decessi e per i danni provocati è uno dei peggiori terremoti che ha colpito l’Italia, con 965 vittime, 45.000 senza tetto e interi paesi rasi al suolo.
A quell’immane tragedia e catastrofe sono state dedicate delle opere audiovisive, tra cui i due documentari Ricordi di Portis e Resurì 1976-2016. 40 anni dal terremoto in Friuli, ma anche un cortometraggio d’animazione dal titolo 59 Seconds, che dopo un lungo e fortunato tour ancora in corso nel circuito festivaliero internazionale, iniziato un anno fa in quel di Locarno con la vittoria del Pardino d’Argento nella sezione “Pardi di domani”, ha prima fatto tappa alla 54esima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (sezione “Corti in Mostra”) per poi approdare a Conversano nel concorso della 16esima edizione di Imaginaria. Ed è proprio nel programma della serata inaugurale della kermesse pugliese che abbiamo avuto la possibilità di vedere e apprezzare il corto scritto e diretto da Mauro Carraro. Proiezione, questa, ancora più toccante e intensa perché avvenuta a poca distanza dalle recenti scosse in Molise, con la terra che è tornata nuovamente a tremare.
Una delle pagine più tragiche della storia d’Italia diventa qui il tessuto narrativo e drammaturgico di una pellicola che in manciata di minuti riesce a trafiggere lentamente e inesorabilmente il cuore e la mente dello spettatore di turno. Per farlo, Carraro si è messo alla guida di una nutrita squadra di animatori (Thomas Caudron, Lucas Morandi, Jerome Metraux, Cyril Drevon, Arnaud Ducor, Florian Durand) dando forma e sostanza a un mix efficacissimo di immagini digitali in bi e tridimensionalità, che hanno il sapore inconfondibile del bozzetto a matita colorata. Tecnica, questa, attraverso la quale l’autore ha trasferito sullo schermo una storia che intreccia vicende familiari con con quelle degli alpini coinvolti. Da questo intreccio è nata una produzione breve di pregevole fattura che – purtroppo per noi – batte bandiera franco-svizzera, nonostante le chiare origini italiane dell’autore, ennesimo talento in fuga da una cinematografia che non riesce a tenersi stretto chi potrebbe un giorno contribuire alla sua causa. Il regista in questione lo ha dimostrato con i fatti, realizzando oltre confine una pellicola capace di sprigionare emozioni cangianti nell’arco della sua timeline. Quest’ultime scaturiscono da una scrittura che ha attinto a piene mani tanto dai ricordi familiari quanto dal passato di una nazione. Privato e pubblico si mescolano senza soluzione di continuità, partendo proprio dai flussi mnemonici e dagli aneddoti dei genitori del regista, Bruno (uno dei sopravvissuti della caserma Pantanali distrutta dal terremoto) e Tiziana, la cui storia d’amore è stata sconvolta proprio da quei 59 secondi.
Quello firmato da Carraro è un dramma nel dramma che si alimenta delle parole e delle sensazioni di quel tempo, appartenenti a una gioventù che ieri come oggi è ancora segnata da una catastrofe naturale che ha lasciato cicatrici profonde non cicatrizzate negli occhi e nelle menti dei protagonisti. Ed è a queste cicatrici che il cineasta si è ispirato per dipingere sullo schermo quadri dolorosi, ma anche carichi di speranza.
Francesco Del Grosso