C’era una volta un re
C’era una volta un re. Ma sono in pochi a ricordarselo. E questa specie di oblio perdura nella stessa Spagna, dove alla poco fortunata figura di “sovrano importato” dall’Italia vengono in genere dedicate poche righe, all’interno dei manuali scolastici. Il personaggio cui facciamo riferimento è Amedeo Ferdinando Maria di Savoia, figlio del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II e capostipite del ramo Savoia-Aosta, che venne scelto per essere re di Spagna ma durò soltanto dal 2 gennaio 1871 all’11 febbraio 1873, proprio per colpa di quel clima di instabilità politica e sociale che aveva portato la nazione iberica ad affidare a uno straniero le proprie sorti. Ciò che ci preme realmente sottolineare, comunque, è che nelle mani di un film-maker eccentrico, arguto, colto e d’impronta situazionista come il catalano Lluís Miñarro, un soggetto del genere si è ovviamente trasformato in divertissement autoriale, stralunato film in costume dall’accentuata vena grottesca, spiazzante apologo teso a mettere in scena un misconosciuto episodio del passato, per alludere anche al presente e ai così incerti orizzonti politici che si profilano all’orizzonte.
Questo sintetico ritratto di Stella cadente non sorprenderà più di tanto, probabilmente, coloro che conoscono almeno in parte l’interessante, coraggioso percorso compiuto dal suo autore: Lluís Miñarro, che solo da pochi anni si è deciso a dirigere qualche piccola opera cinematografica, dal sapore decisamente anticonformista, come Blow Horn e Familystrip (datati entrambi 2009), è in realtà già da qualche decennio una delle voci più importanti del cinema indipendente spagnolo, per ciò che concerne la produzione. Tra le pellicole più importanti che lui ha contribuito a produrre, intessendo anche rapporti di un certo spessore con altre cinematografie, ci piace ricordare Singolarità di una ragazza bionda di Manoel de Oliveira, En la Ciudad de Sylvia di José Luis Guerín e soprattutto Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti di Apichatpong Weerasethakul, Palma d’ Oro a Cannes 2010. Non a caso il Genova Film Festival pochi anni fa lo invitò in Liguria, dedicandogli un focus piuttosto rappresentativo.
Ma è al cinema Farnese, sede anche quest’anno del segmento romano di CinemaSpagna, che lo abbiamo potuto nuovamente incontrare, accompagnato dall’attore Lorenzo Balducci (unica presenza italiana nel cast, se ricordiamo bene) per questa proiezione di Stella cadente che ha destato molta curiosità negli spettatori.
Tutto si può dire, riguardo a tale lungometraggio, tranne che si proponga come un biopic classico, convenzionale. La vicenda di Amedeo di Savoia viene qui trasfigurata in mille modi, frantumandosi in riflessione sulla caducità del potere, sul progressivo e deleterio staccarsi di esso dai contorni delle realtà più popolari, come anche in straniante giochino sui confini di una messa in scena che ingloba elementi fortemente iconici di quel passato, per poi spazzarli via in una serie di stralunate e catartiche digressioni: la musica pop proveniente dal secolo successivo, che travolge il sovrano suggerendogli un ballo frenetico e solitario, ne è forse l’esempio più riuscito.
Simili strategie narrative e rappresentative non sono poi così comuni. Ci vengono in mente siparietti analoghi nelle opere di alcuni tra i più maturi cineasti portoghesi, João Botelho per esempio. L’uso che ne fa qui un Miñarro molto attento anche al carattere evocativo di determinate location (su tutte Castel del Monte), come anche alla pregnanza di certi riferimenti pittorici, icastici, metaforici, ha saputo conquistarci, proprio perché non disgiunto da una qualche leggiadria e libertà di fondo. Succede così che la marginale, pressoché dimenticata figura di Amedeo di Savoia torni, sul grande schermo, ad essere attuale.
Stefano Coccia