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Ivalu

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VOTO: 9

Tracce di te

Tra i cortometraggi internazionali selezionati alla settima edizione del Saturnia Film Festival non si può non sottolineare la presenza di Ivalu, lo short diretto a quatto mani da Anders Walter e Pipaluk K. Jørgensen che lo scorso anno, dopo una cavalcata strepitosa nel circuito festivaliero costellata da numerosi riconoscimenti che ancora oggi prosegue senza sosta (recentemente è stato ammirato anche all’Ischia Film Festival e al Pop Corn Festival del Corto), ha trovato un meritassimo posto nella cinquina della categoria live-action agli Oscar in compagnia di Le pupille della nostra Alice Rohrwacher. Vittoria che per la cronaca è andata altrettanto meritatamente ad An Irish Goodbye di Tom Berkely e Ross White. Sconfitta, questa, che come avremo modo di vedere non ha tolto assolutamente nulla a un’opera che alle sue indubbie qualità narrative, tecniche e recitative (bravissime le due giovani protagoniste), aggiunge una dose massiccia di emozioni cangianti che arrivano diritte al cuore dello spettatore.
Difficile, infatti, restare indifferenti davanti al racconto che i due registi hanno tratto dalla graphic novel omonima di Morten Durr e Lars Horneman, nella quale un’adolescente è alle prese con la disperata ricerca della sorella maggiore misteriosamente scomparsa. Nonostante il padre sostenga che sia scappata, Pipaluk rimane angosciata per la scomparsa e crede che Ivalu stia venendo da lei sotto forma di corvo. Pipaluk cerca nei luoghi dove si incontravano e ricorda le loro interazioni passate. A poco a poco, si scopre che Ivalu veniva abusata sessualmente dal padre e che per fuggire dagli abusi si sia suicidata. Pipaluk piange tristemente la sorella, indossando il vestito della cresima in occasione della visita della regina di Danimarca.
A fare da cornice alla vicenda la vasta natura di una Groenlandia che nasconde e custodisce segreti indicibili. La bellezza dei panorami mozzafiato restituita dalla fotografia di Rasmus Heise fa da contrappunto all’orrore, alla violenza e al dolore di un giallo dalle venature mistery dal quale lentamente e inesorabilmente emergono i filamenti di un dramma che commuove e tocca nel profondo. La mutazione genetica alla quale si assiste nel corso della timeline consente al corto di tenere a sé il fruitore di turno, con quest’ultimo chiamato a fare i conti con un carico di emozioni che cambia di forma e intensità con lo scorrere dei minuti che lo condurranno alla scoperta dell’atroce verità. Questo è solo uno dei tanti punti di forza di Ivalu, che ne fanno una perla della cinematografia breve degli ultimi anni. La pellicola della coppia danese-groelandese ha nella componente emozionale l’innesco, la costante che accompagna la visione e l’implosione, con il tutto che viene messo in quadro da una regia che alterna sapientemente spettacolari riprese aeree a una macchina da presa che cerca sempre la giusta distanza dai protagonisti per catturarne azioni, reazioni, sguardi e silenzi. Ciò consente alle immagini di dire e suggerire quello che le parole non possono arrivare a dire e a mostrare. La potenza comunicativa di ogni singola inquadratura consente alle immagini di essere fortemente reali e al contempo tramutarsi in visioni e sogni funzionali all’elaborazione di un’assenza. Assenza, quella di un affetto venuto tragicamente meno, che si trasfigura nel corpo di un corvo e nei luoghi che ne conservano ancora intatta la memoria.

Francesco Del Grosso

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