Danza e musica, precari antidoti alla barbarie
L’Hip Hop CineFest 2025 è già entrato nel vivo. I finalisti del festival sono infatti visibili in streaming (questo il canale: https://filmfestplus.com/films/?festival=HH2025VN9YT4) dal 28 aprile e lo saranno fino al 19 maggio. In più, sarà possibile bearsi della visione dei film, dei documentari e dei video anche dal vivo, il 9 e il 10 maggio, presso la Casa della Cultura di Torpignattara a Roma. Proprio sabato 10, nella slot pomeridiana che avrà inizio intorno alle 17.30, è prevista una delle proiezioni emotivamente più calde: Gaza: A Dance School Under The Bombs. Selezionato nella categoria Best of the Web, questo contributo video del giornalista francese Antoine Schirer (ammirevole per l’attenzione che mostra da tempo per le più spinose problematiche politiche, economiche e sociali presenti in svariate aree del globo, dalla Cina al Medio Oriente) conduce lo spettatore nel cuore della Striscia di Gaza, rivelando tutta la drammaticità della situazione assieme ai più profondi, umani impulsi vitali della popolazione sotto attacco.
In poco meno di dieci minuti apprendiamo la storia di due insegnanti di hip-hop che hanno continuato a ballare coi bambini a Gaza, finché la loro scuola di danza non è stata bombardata. Uno di loro, Ahmed, in fuga da quell’orrore giustamente dice: “La scuola possiamo ricostruirla. Ma i nostri cari, non li si può riportare in vita”. E subito dopo questo spezzone della sua intervista compaiono le foto di due bambine: Rania, 11 anni; Toota, appena 5 anni. Loro purtroppo non ci sono più. Perché, come viene ricordato più avanti, tra le vittime dell’infame attacco sionista contro i civili, che si protrae ormai da mesi, vi sono soprattutto donne, anziani e bambini.
Nelle concise testimonianza raccolte in Gaza: A Dance School Under The Bombs vi sono naturalmente altri picchi di drammaticità, come il racconto di come sia necessario adesso svegliarsi tra le quattro e le cinque di mattina per mettersi in fila fuori dai campi, se si vuole avere accesso a un po’ della razionatissima acqua potabile. Queste sono le disumane condizioni di vita imposte dagli israeliani, tra un bombardamento e l’altro.
Eppure, di questo breve filmato colpisce anche la volontà di resistere, di restare umani, che questi splendidi B-Boys esprimono tentando di insegnare nuovi passi, far ballare e distrarre (per quanto possibile) dalle bombe, che periodicamente esplodono attorno a loro, quei ragazzini che la guerra ha traumatizzato. E per i quali la break dance e il rap possono diventare anche una terapia. Ci associamo pertanto volentieri agli auguri e ai saluti proposti verso la fine da alcuni esponenti della scena hip hop internazionale, tra cui quel Menno che i suoi fratelli di Gaza li definisce, in inglese, con queste parole: “Camps Breakers from Palestine. The strongest B-Boys on Earth right now”.
Gridiamolo anche noi: Free Palestine!
Stefano Coccia