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Censor

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VOTO: 5.5

Il passato ritorna

Il cinema horror degli anni Ottanta. Chi non è mai rimasto affascinato da tale corrente? Di certo ne è rimasta particolarmente colpita la giovane regista gallese Prano Bailey-Bond, che con la sua opera prima – Censor, presentata in anteprima alla Berlinale 2021 all’interno della sezione Panorama – ha voluto a suo modo dare vita a un piccolo ma sentito omaggio alle pellicole horror che tanto ci hanno fatto rabbrividire nel corso degli anni.

La storia messa in scena, dunque, è quella di Enit, una giovane donna che deve occuparsi della censura di alcune scene all’interno dei film e che ancora si sente in colpa per la misteriosa scomparsa di sua sorella minore, avvenuta quando entrambe erano ancora bambine. Un giorno, durante la visione di un film, alla donna tornerà in mente il suo passato e crederà di riconoscere nella sembianze di un’attrice proprio sua sorella. Al via, dunque, una febbrile ricerca della stessa che assumerà connotazioni sempre più controverse e inquietanti.
Ci troviamo negli anni Ottanta, in piena era Tatcher. All’epoca le questioni riguardanti la violenza nei film e la censura erano più che mai attuali. Eppure, il cinema, dal canto suo, era particolarmente prolifico e ricco di idee. Non è un caso, dunque, che la regista abbia voluto ambientare questo suo Censor proprio in questo periodo. E pur assumendo da subito il carattere di un thriller psicologico, il film, proprio per quanto riguarda le gustose scene splatter, ricorda proprio la cinematografia dei nostri Lucio Fulci, Dario Argento, Mario Bava e chi più ne ha più ne metta. Questi, molto probabilmente, sono i momenti di maggiore impatto, insieme ad angoscianti passeggiate negli angusti tunnel della metropolitana e incursioni nei boschi di notte.
Questo piccolo ma sincero lungometraggio, dal canto suo, pur con ottimi intenti risulta – molto probabilmente proprio a causa della scarsa esperienza della regista dietro la macchina da presa – a tratti un po’ traballante. E ciò riguarda soprattutto alcune sottotrame tirate in ballo per poi essere lasciate in sospeso senza conclusione alcuna (ciò riguarda, ad esempio, lo scandalo scoppiato dopo un caso di omicidio, il cui fautore si è ispirato a un film non censurato dalla protagonista).
Reale e onirico, passato e presente, delirio e ragionevolezza si alternano sempre più frequentemente nel presente Censor. E anche se la cosa in sé complessivamente funziona, man mano che si procede con la messa in scena si ha l’impressione che ogni cosa sia quasi fine a sé stessa, talmente calcata da risultare a tratti maldestra. Nonostante riusciti momenti “idilliaci” che altro non fanno che aumentare sapientemente un forte senso di angoscia.
In poche parole, tanta buona volontà, ma una mano – e uno sguardo – ancora un po’ troppo acerba, questa di Prano Bailey-Bond. Non sempre i rimandi a qualcosa che in passato si è rivelato vincente si rivelano la giusta soluzione. Soprattutto quando si vogliono tirare in ballo tante e tante situazioni. Il rischio di “perdersi per strada, come è successo alla nostra regista, è più che mai elevato.

Marina Pavido

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