Divertente, nuova avventura nel mondo di Tron, ma senza le suggestioni avveniristiche del passato
Sono trascorsi decenni dalla scomparsa del visionario programmatore Kevin Flynn (Jeff Bridges), fondatore della Encom. Durante tutto questo tempo, l’azienda ha visto succedersi molti amministratori, finendo per essere guidata dalle geniali sorelle Kim la cui minore, Eve (Greta Lee) è ora impegnata a portare avanti studi segreti sull’Intelligenza artificiale e sulla possibilità di ricreare nel nostro mondo oggetti programmati da una macchina, progetti che la sua sorella maggiore non ha potuto completare perché stroncata da una grave malattia. Gli stessi obiettivi sono quelli della rivale multinazionale Dillinger, dove però al comando c’è l’avido Julian Dillinger (Evan Peters), dalle illimitate ambizioni frenate a malapena dalla madre Elisabeth (Gillian Anderson). In quest’ultimo caso, l’idea è di sfruttare l’IA dal punto di vista militare e di riuscire a portare nella nostra realtà veicoli da battaglia e supersoldati letali, sacrificabili e riproducibili all’infinito. Il primo inossidabile servitore presentato al governo è Ares (Jared Leto), un programma combattente di altissima efficacia che viene messo al comando della griglia telematica aziendale. A entrambe le multinazionali manca però un ingrediente fondamentale: una parte del software che possa riuscire a mantenere in vita le creazioni artificiali per più di ventinove minuti, una stringa di comandi che vale il futuro dell’umanità e su cui Eve sembra aver messo le mani. Ares e il suo braccio destro Athena (Jodie Turner-Smith) vengono quindi messi sulle tracce della donna, mentre Julian è disposto a tutto pur di ottenere quello che vede come la chiave del potere assoluto. Ma i programmi che ha creato sono imprevedibilmente emotivi e lo stesso Ares inizia ad avere i suoi dubbi sulla correttezza dell’incarico. La guerra per il codice “Permanent” è appena iniziata.
Terzo film della saga di Tron, iniziata nell’ormai lontano 1982 con una prima pellicola visionaria, diretta da Steven Lisberger, in anticipo sui tempi e oggi considerata un cult. A questa ha fatto seguito Tron: Legacy (2010) di Joseph Kosinski, interessantissimo seguito dai toni “dark” e drammatici, coronato da una splendida colonna sonora firmata Daft Punk.
Per questo terzo capitolo, Tron: Ares, una vicenda produttiva estremamente tormentata, anche a causa della storia non facile della produttrice Disney, e della velocità con cui si evolvono i temi trattati, ha visto cambiare registi, produttori e sceneggiatori, fino ad arrivare al prodotto che, in Italia, esce finalmente il 9 ottobre. Non è facile avere un’opinione precisa di questo film, esteticamente impattante, poi superficiale, poi coinvolgente, quindi confuso, poi ancora ambizioso e sorprendente. La trama che abbiamo riassunto (che al di là di ciò che sembra viene delineata all’inizio in appena venti minuti, su due ore di durata) ha una premessa di una certa complessità, probabilmente a causa delle tante riscritture che si sono succedute negli ultimi quindici anni, e avrebbe meritato maggiore attenzione. Sembra di capire che gli autori volessero “correre” verso il nocciolo della questione, evitando di annoiare un pubblico che immaginavano desiderasse l’azione, e mostrarci il prima possibile il conflitto tra la Encom e la Dillinger, uno scontro che questa volta sconfina tra le strade di una terrorizzata, imprecisata metropoli, abbandonando le visioni oniriche dell’altro mondo, quello cibernetico.
Le emozioni date da Legacy, chiariamolo subito, qui non ci sono. Le ansie della responsabilità della creazione di intelligenze ed entità artificiali, la gestione di un potere divino che può avere un programmatore nei confronti dei software che scrive e degli ambienti che realizza, non sono esplorati attentamente, ma anzi sono affrontati di sfuggita. Il desiderio lacerante di trovare un senso alla vita, di avere delle spiegazioni da chi lo aveva animato, che avevamo visto emergere nella nemesi Clu, qui sono sostituiti da due figure speculari, Ares e Athena, che rappresentano in modo semplificato il libero arbitrio e la cieca obbedienza agli ordini, anche quando questi portano a commettere atti efferati. Ecco perché la prima parte della storia è piuttosto deludente, con una sceneggiatura che affida intere parti della narrazione a scampoli di servizi televisivi, copertine di riviste specializzate e goffi “spiegoni” messi in modo maldestro all’interno dei dialoghi. Senza contare una certa bidimensionalità dei personaggi, soprattutto quelli secondari. Una volta che Ares conquista in modo decisamente frettoloso la sua autodeterminazione, qualcosa comunque cambia e lo svolgimento diventa più strutturato e solido, riuscendo nell’obiettivo principale di questa pellicola: intrattenere. Nota a parte, il doppiaggio italiano è infarcito di inglesisimi e neologismi a tratti incomprensibili, scelta chissà fino a che punto inevitabile vista la materia trattata.
La direzione in cui va l’ennesimo universo cinematografico tramutato in “franchise” è quello di lasciarsi alle spalle il passato, senza però rinnegarlo o infamandolo (una volta tanto) e, anzi, omaggiando esplicitamente il capostipite e la fantasia e la genialità degli anni Ottanta, cercando quindi di utilizzare un universo narrativo già esistente ma popolandolo con personaggi nuovi in vista di sviluppi futuri. Nulla di male in questo ma certo, sebbene non manchino impressionanti duelli e uno sforzo produttivo indubitabile, la fascinazione per il mondo alieno che si cela nei nostri computer, e il brivido dell’impresa pionieristica di chi vuole esplorarlo, sembrano svaniti. E’ difficile oggi sorprendere gli spettatori con avventure che un tempo si svolgevano tra i circuiti di oggetti nuovi e dall’aura quasi mistica, mentre oggi chiunque ha in tasca uno smartphone molto più potente di qualsiasi macchina di quarant’anni fa. E per parlare di intelligenza artificiale, dei suoi pericoli, potenzialità ed ambiguità, ci vogliono autori e registi molto più coraggiosi della squadra di questo rumoroso capitolo. Ma il divertimento non manca, quantomeno per gli affezionati della saga.
Massimo Brigandì