Voglia di vivere
Non è semplice raccontare una figura intellettuale, anticonformista e femminista come quella di Goliarda Sapienza. Nata a Catania in una famiglia antifascista, da genitori entrambi vedovi con precedenti figli. Goliarda cresce libera e senza vincoli di nessun tipo. Suo padre, un avvocato e sindacalista, scelse di non farle frequentare le scuole per paura di imposizioni fasciste. A sedici anni fu ammessa all’Accademia D’arte Drammatica a Roma, e successivamente intraprese una breve carriera in ambito teatrale. Ebbe anche una parentesi cinematografica lavorando come attrice in alcuni lungometraggi diretti da Alessandro Blasetti e in Senso (1954) di Luchino Visconti, dove risulta non accreditata. Rilevante fu l’incontro con il regista Francesco Maselli, più giovane di lei di cinque anni (lo conobbe quando era ancora minorenne) con cui ebbe una relazione durata diciotto anni. Successivamente sposò lo scrittore e regista Angelo Pellegrino, anche quest’ultimo più giovane di lei di ventidue anni, con cui è rimasta fino alla morte.
Chissà cosa avrebbe detto la Sapienza se fosse ancora viva di quest’ultimo lavoro di Mario Martone, dal titolo Fuori, il suo quattordicesimo lungometraggio per esattezza, presentato alla 78° edizione del Festival di Cannes. Un’opera tutta al femminile, composta da un cast di attrici protagoniste a dir poco strepitose: Valeria Golino, Matilda De Angelis ed Elodie. Ed è proprio Valeria Golino a dare anima e corpo al personaggio di Goliarda Sapienza. Proprio lei che la conobbe nel 1985, quando stava girando Storia d’amore, diretto da Francesco Maselli. Caso ha voluto che la Golino circa quarant’anni dopo, abbia diretto una serie, L’arte della gioia, tratto dall’omonimo romanzo scritto proprio dalla Sapienza tra il 1967 e il 1976, e pubblicato solamente nel 1994 da una casa editrice perché ritenuto immorale per i temi trattati. Oltre a dirigere questa serie, pluripremiata ai recenti David di Donatello, Valeria Golino si è calata perfettamente nei panni di Goliarda nell’ultimo lungometraggio di Martone, che ripercorre un periodo della vita della scrittrice catanese, quando fu detenuta al carcere di Rebibbia per il furto di alcuni gioielli.
Siamo in una torrida estate romana del 1980, Goliarda esce dal carcere dopo aver scontato la pena. È dietro le sbarre del carcere di Rebibbia che nasce e cresce il rapporto tra Goliarda, Roberta (Matilda De Angelis) e Barbara (Elodie). Un legame atipico, non convenzionale, mosso esclusivamente da ciò che si sente, al di là di ciò che viene visto. Ed è proprio attraverso questo triangolo che inizia una sorta di road movie, se così si può chiamare, un’avventura che si snoda tra le strade di una Roma deserta e afosa.
La sceneggiatura scritta dallo stesso Mario Martone insieme a sua moglie Ippolita Di Majo, tratta dal romanzo “L’università di Rebibbia”, edito dalla casa editrice Einaudi si concentra sul rapporto tra Goliarda e Roberta, il personaggio interpretato da una bravissima Matilda De Angelis, una giovane detenuta che ebbe una relazione sentimentale con la scrittrice. Il film parla di figure femminili, ancor prima che femministe, si amano, vivono, si trovano, si perdono, con un’anarchia a tratti vulnerabile e a tratti rivoluzionaria. Un miscuglio di sentimenti e di comportamenti che descrivono il vero carattere di queste donne.
Fuori è anche un’opera che descrive la crisi esistenziale di una donna di mezza età, la Sapienza nel 1980 aveva cinquantasei anni ed era perennemente ossessionata dal tempo che passava. Mario Martone sposta la narrazione su più dimensioni, tra il passato e il presente, seguendo l’irrazionalità dei ricordi. Ma è proprio la scrittura che salva Goliarda, quella remota possibilità di far rivaleggiare l’immaginazione con la realtà, fondendole nell’eterno caos della vita. Il trio Golino/De Angelis/Elodie vince alla grande, perché è attraverso i loro personaggi che si riesce a fare la conoscenza di una parte di vita di una donna alquanto complessa, che seppe prendere le distanze da quello che era il ruolo della donna a quell’epoca.
La scrittura di Sapienza è diretta e priva di illusioni, ma anche piena di umanità e comprensione. La sua esperienza in carcere diventa un’occasione per riflettere sulla società, le sue ipocrisie e le sue contraddizioni.
Fuori è un’opera che esplora che esplora la natura umana, la convivenza e la solidarietà in un contesto estremo, capace di restituirci un ritratto umano di una grande artista per lungo tempo dimenticata.
Giovanna Asia Savino