La cura del corpo
Il corpo umano con le sue possibili trasformazioni, mutazioni, degenerazioni, riveste da sempre una posizione centrale nella settima arte. E tale ovvietà appare ulteriormente ribadita dalle scelte dei cineasti contemporanei, si pensi al fenomeno del cosiddetto “body horror”. Oppure su un piano spiritualmente più elevato allo splendido The Whale (2022) di Darren Aronofsky. Entrando nello specifico del corpo femminile, l’anoressia è senz’altro il “deragliamento” di una normale condizione psicofisica maggiormente rappresentato, sul grande schermo. Mentre è la per molti versi complementare “bulimia” a finire sotto i riflettori in Ciao, Varsavia.
Il corto della brava Diletta Di Nicolantonio con Carlotta Gamba e Cerlino Fortunato nei ruoli principali è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2025 giovedì 16 ottobre, all’interno della sezione Onde Corte | Concorso Panorama Italia di Alice nella Città. Lo abbiamo trovato più meritevole di approfondimento, rispetto ad altri lavori selezionati, sia per l’approccio consapevole al tema che per indubbi meriti stilistici.
Protagonista di Ciao, Varsavia è una giovane modella polacca dal padre italiano, sottoposta emotivamente a uno stress duraturo e profondo, caduta quindi nel vortice della bulimia. Decisamente abile è la regista nel costruirle intorno, in primis a livello spaziale, un clima di costante alienazione. Ambienti asettici, assenza di calore umano, la stessa spinta ad essere sempre performanti a discapito della salute fisica sembrano inseguirla ovunque. Un montaggio secco e quasi brutale tende a isolare gli elementi che connotano la sua ossessione, in particolare il cibo, il sentirsi osservata poco empaticamente ai provini e i flash a ripetizione degli intensi shooting fotografici. Come si accennava, grazie anche ad inquadrature grandangolari, scenografie spoglie e fotografia spenta, grigia, ogni spazio da lei attraversato, che si tratti della clinica presso cui è stata in cura, dei “casermoni” dove vive sola alla periferia di Varsavia o della sala dove viene convocata per l’ennesimo provino, tutto comunica gelo interiore e stili di vita alienanti come quello imposto alle modelle, spesso giovanissime, dal mondo della moda. Può forse lasciare un po’ di dubbi, per l’improvviso e non ben metabolizzato cambio di prospettiva imposto alla narrazione, l’iperbolica e surreale svolta iper-violenta posta poco prima dell’epilogo. Ma nell’insieme l’effetto disturbante di questo breve racconto cinematografico rimane e quella stessa sequenza allucinatoria finisce per contribuirvi.
Stefano Coccia