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La guerra di Cesare

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VOTO: 7

Le ‘nostre’ vite

L’opera diretta da Sergio Scavio scava nello spettatore cambiando, in alcuni momenti cruciali, il passo, rispecchiando lo stato d’animo e/o il mutamento dei personaggi. Siamo nel sud ovest della Sardegna in un piccolo paese minerario in grave declino economico e il tempo sembra essersi fermato per Cesare (Fabrizio Ferracane) e Mauro (Alessandro Gazale). Due colleghi, ex minatori e soprattutto amici che continuano a lavorare come guardie giurate all’interno di una miniera di carbone in disuso. Mauro sembra avere un carattere meno arrendevole, anche nervoso, irrequieto di fronte alle ingiustizie. Cesare sembra prendere la quotidianità come viene, compreso ciò che più non accade con sua moglie. Entrambi coltivano un barlume di speranza nell’azienda cinese che dovrebbe acquisire la miniera, accordo che, però, non va in porto e che porta Mauro a una decisione forte per se stesso, con conseguenze sul fratello Francesco (Luciano Curreli), sua moglie Daniela e sull’amico che si sveglia dal torpore. Nella seconda parte de La guerra di Cesare le vite degli altri entrano in quella di Cesare, che compie un viaggio in città insieme al fratello problematico di Mauro, facendosi attraversare anche da incontri inaspettati. Sintomatica è l’esibizione di ballo in cui Ferracane (semmai qualcuno non se ne fosse ancora accorto) dimostra come sappia entrare nella pelle dell’uomo che va a interpretare, con una gestualità e alcune espressioni del viso che comunicano prima ancora delle parole. Al Bif&st 2025, dov’è stato presentato questo esordio, è stato insignito del Premio “Meridiana” Migliore Attore Protagonista. «Mi sono calato nella sua lotta per trovare un posto nel mondo, nel suo tormento per ciò che ormai sente di aver perso e per ciò che vorrebbe ancora raggiungere. Mi sono sentito libero nei suoi panni; mi sono lasciato andare, senza preoccuparmi di essere giudicato. Questo Premio mi regala una doppia felicità. Innanzitutto, ad essere riconosciuto è stato il cinema indipendente, pieno d’amore, che non dobbiamo mai dimenticarci di sostenere. E poi sono contento che il protagonista che ho interpretato in questo film non è un cattivo, un corrotto, come spesso mi è capitato in passato. Qui a essere premiato è l’uomo comune, con la sua forza e fragilità», ha dichiarato l’attore.
Vedendo La guerra di Cesare non si può restare indifferenti alla preoccupazione sul presente – il futuro, date le circostanze, appare ancora più difficile da immaginare. Si empatizza col senso di vuoto che il ‘padrone’ è in grado di trasmettere, ci si commuove grazie agli abbracci e a quello sguardo non disincantato di Francesco (con importanti problemi psichiatrici e con un gran cuore). E ogni spettatore riceve uno schiaffo rispettoso perché possa guardarsi, prendere anche atto di alcune fragilità e decidere cosa è in grado di cambiare.
«La missione mia, di cui dicevo poc’anzi, era questa: far saltare tutti e quattro i palazzi e, in ipotesi secondaria, occuparli, sbattere fuori le circa duemila persone che ci lavoravano, chine sul fatturato, sui disegni tecnici e sui testi delle umane relazioni, e poi tenerli a disposizione di altra gente. Veramente nessuno venne a dirmi che questa era la mia missione, che dovevo fare così e così, ma era pacifico, toccava a me» da “La vita agra” di Luciano Bianciardi.

Maria Lucia Tangorra

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