Un lavoretto “facile facile”
A dispetto del nome, il Monsters – Fantastic Film Festival va oltre il cinema fantastico e horror proponendo nella propria line-up anche pellicole appartenenti ad altri generi. Ecco allora che nella selezione del concorso lungometraggi dell’ottava edizione della kermesse tarantina ha trovato posto un’opera come Gunman (Gatillero). Trattasi dell’ultima fatica dietro la macchina da presa di Cris Tapia Marchiori, un thriller al cardiopalma scritto a quattro mani con la sceneggiatrice Clara Ambrosoni, ispirato a situazioni e personaggi che il regista argentino ha potuto osservare dal vero. Ed è da ciò che i suoi occhi e la sua memoria hanno catturato, immagazzinato e poi romanzato che ha preso forma e sostanza narrativa e drammaturgica il racconto che ha come protagonista Pablo detto “El Galgo”, un ex killer appena uscito di prigione che accetta con riluttanza un lavoro di poco conto: sparare alcuni colpi in un negozio locale come avvertimento in stile mafioso. Ma quello che sembra un compito semplice si trasforma rapidamente in un incubo fatto di caos, tradimento e lotta per la sopravvivenza. Braccato, tradito e completamente solo, l’uomo dovrà affrontare una notte inquieta in cui ogni decisione potrebbe essere ed essergli fatale.
Quello firmato dal cineasta di Pergamino, che si era già fatto conoscere con l’interessante esordio La noche más fría, è un thriller che si mescola senza soluzione di continuità con il dramma sociale, il gangster movie, il noir e l’action, per portare sullo schermo qualcosa di più profondo, ossia la possibilità di redenzione in un mondo in cui la vita vale poco. Il ché fa dunque del suddetto mix un’occasione per l’autore e il film in questione di non limitarsi al genere fine a se stesso e all’utilizzo meccanico degli stilemi per narrare una vicenda, bensì per trattare una o più tematiche universali e dal peso specifico rilevante. Oltre a una successione di inseguimenti, combattimenti e sparatorie, Gunman pone al centro e sviluppa il plot su e intorno alle disavventure di un personaggio distrutto da cui nessuno si aspetta nulla, ma che, alla fine di un viaggio in una notte di sangue e senza fine, avrà la possibilità di redimersi.
Per chi come noi avesse già incontrato e incrociato lo sguardo con le precedenti produzioni di Cris Tapia Marchiori avrà sicuramente pure stavolta ritrovato nell’approccio e nell’offerta alcune costanti come la crudezza della storia, la presenza di personaggi al limite e una narrazione visiva che si assume dei rischi. Gunman in tal senso non fa accezione, con la scelta del regista argentino di raccontare e mostrare l’odissea notturna del protagonista in tempo reale (80 minuti) attraverso un unico piano sequenza girato nelle viscere della vera Isla Maciel, un quartiere alla periferia di Buenos Aires. Non siamo al cospetto di una soluzione inedita e di conseguenza originale, dato che di film in one shot la Settima Arte ne ha visti passare tanti negli anni, ma qui appare assolutamente funzionale alla tipologia e alle caratteristiche della storia della quale si è fatta veicolo. Ciò alza lo spessore drammaturgico, ma anche l’asticella del termometro emotivo, restituendo allo spettatore un’esperienza cinematografica coinvolgente, senza filtri e dal ritmo incessante. Ad eccezione di qualche breve pit-stop, sia la cinepresa che il convincente interprete Sergio Podelei sono chiamati come da regole d’ingaggio ad affrontare una chirurgica coreografia che non ammette passi falsi e che spinge sia l’hardware che il capitale umano coinvolto a una sfida tecnica per nulla semplice. Vedere per credere. Le scariche di adrenalina non mancano in quella che di fatto si circoscrive a una caccia all’uomo, ma che fino all’ultimo giro di lancette propone a coloro che decidono di viverla un’immersione in assetto variabile con frequenti cambi di passo e un sali e scendi efficace di tensione.
Francesco Del Grosso









