Dalle Filippine con furore
Martedì 11 novembre ha avuto luogo a Milano, nell’ambito di Oltre Lo specchio Film Festival 2025, l’attesissima prima mondiale di Salvageland, impetuoso film di genere approdato in Italia dalle Filippine e selezionato tra le opere del Concorso. Plumbeo, brutale, a tratti esuberante quanto i personaggi visti in azione, quello di Lino S. Cayetano è un film che oscilla, non senza qualche sbavatura, tra il poliziesco e il western, riuscendo comunque a sprazzi ad ammaliare lo spettatore, animato com’è da una forte tensione narrativa e da quei dilemmi etici presenti non di rado in tale cinematografia. Specie quando è di scena il thriller. Centrale è infatti nel plot il serrato confronto tra padre e figlio, poliziotti entrambi, ma intenzionati a svolgere la propria missione con uno spirito assai differente. L’esperto Sarge Morales, capo della locale sottostazione di polizia con trascorsi eroici alle spalle ma ormai vicino alla pensione, vorrebbe tenersi lontano dai guai anche per non mettere a rischio la vita del figlio ed evitare così di perderlo, dramma già vissuto con la moglie in circostanze analoghe; mentre Jules, giovane e idealista, farebbe di tutto – compreso disobbedire agli ordini del padre – pur di sconfiggere il feroce cartello criminale che sta disseminando di cadaveri la regione, protetto anche da altri sbirri corrotti.
L’ambientazione è senz’altro la nota più riuscita del lungometraggio. Nei paraggi di Metro Manila, dove giustizia e ordine fanno fatica ad imporsi, si trovano quei paesaggi brulli, desertici, quasi lunari, che possono ricordare neanche troppo alla lontana il “far west” e che appaiono totalmente in balia di uno spietato cartello criminale, implicato in vari traffici, talmente sicuro poi della propria impunità da gettare regolarmente corpi fatti a pezzi nelle aree abbandonate e aride che costeggiano la superstrada.
La pazienza di Jules davanti a tutti quei soprusi è giunta però al limite. E quando si troverà a scegliere se consegnare una giovane donna in fuga a quei criminali senza scrupoli o dichiarare guerra, confidando nel ripensamento del padre, tanto alla banda dei trafficanti armati fino ai denti che al ramo corrotto della polizia, saranno integrità e coraggio a fargli da guida.
Un po’ western contemporaneo, un po’ livido noir, Salvageland prende di petto diversi archetipi cinematografici lasciandosi andare anche a qualche gustosa citazione, vedi l’assedio della piccola stazione di polizia girato con uno stile a metà strada tra Peckinpah e Distretto 13 – Le brigate della morte di John Carpenter. Qui purtroppo va registrata qualche ingenuità nell’approccio alle scene d’azione. Più in particolare la macro-sequenza comprendente la sparatoria e i singoli assalti ai poliziotti sotto assedio mostra diverse crepe, dal punto di vista della credibilità delle situazioni, dell’interazione tra i personaggi e della fin troppo disinvolta gestione degli spazi dove ha luogo il combattimento. Pur con tali limiti, però, la natura ferina e selvaggia del confronto dimostra la sua efficacia, assecondando così i toni di un racconto dove la violenta risoluzione del confitto rispecchia anche la differente tempra morale dei protagonisti.
Stefano Coccia









