In Sentō veritas
Come accade già da qualche anno con una certa regolarità, i premi assegnati dal qualificatissimo e appassionato pubblico di Udine tendono a beneficiare titoli che abbiamo amato istintivamente, che hanno saputo sorprenderci, che hanno prodotto nella nostra memoria di spettatori sensazioni positive e durature. Tale è senz’altro il caso di Yudo, il lungometraggio di Masayuki Suzuki che alla 25ma edizione del Far East Film Festival si è guadagnato il SILVER/BRONZE MULBERRY ossia il 3° POSTO.
Scomodare Zygmunt Bauman e il suo concetto di “società liquida” sarebbe senz’altro fuori luogo, eppure qualcosa di “liquido” (nel senso più letterale possibile) questa stagione cinematografica continua a proporcelo, fosse anche per “purificare” direttamente in sala coscienze di spettatori anestetizzate ormai da troppe serie televisive e abbonamenti a Netflix. Tutto questo per dire che siamo passati in pochi mesi dall’epos alieno di Avatar – la via dell’acqua alle singolari atmosfere Zen di Yudo, ovvero “la Via del bagno“: nella fattispecie un’immaginifica rivisitazione della tradizionale presenza nella società giapponese del Sentō, termine col quale si intendono quei particolari bagni pubblici che oggigiorno sembrerebbero passati inesorabilmente di moda, ma che costituiscono ancora una pagina importante dell’immaginario nipponico.
Pur essendo la sua prima presenza da regista alla kermesse friulana, Masayuki Suzuki può già vantare in patria una carriera di tutto rispetto, iniziata addirittura con l’adattamento per il grande schermo del celebre GTO: Great Teacher Onizuka e proseguita poi fra serie televisive di successo e validi film di genere, girati invece per il cinematografo. Felice è stato poi qui, a livello creativo, l’incontro col talentuoso sceneggiatore Kundo Koyama, che ricordiamo soprattutto per l’Oscar a Departures. Insieme hanno saputo creare una galleria di personaggi originali, profondamente umani, sfaccettati, amabilmente contraddittori, talora un po’ pittoreschi e surreali, ma inequivocabilmente connessi e legati in modo viscerale al Sentō, un ambiente filmato peraltro brillantemente in tutte le sue componenti. E il discorso non si limita ai popolari bagni pubblici, Sentō per l’appunto! Come a ribadire la vivacità di quel “filone termale” che il cult assoluto Thermae Romae ci ha fatto per tempo individuare, assai divertente, paradossale e godibilissimo è anche l’estemporaneo riferimento alle Onsen, le più rinomate sorgenti termali. Spicca infatti nella variegata, irresistibile parata di protagonisti e personaggi secondari non meno memorabili un grottesco, esilarante “critico di sorgenti termali”, che ci fa piacere a questo punto citare sia per sottolineare come la categoria dei critici si presti, in qualsiasi ambito, ad opportune e gustose parodie, sia per mettere in evidenza la sottile, salutare (almeno quanto quelle acque caldissime, in cui lo spettatore stesso durante la visione vorrebbe tanto immergersi) ironia che permea l’intero racconto cinematografico.
Stefano Coccia