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Your Lovely Smile

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VOTO: 8

Nuovo Cinema Watanabe

Se la creatività a 360° dei Watanabe Bros ha rappresentato uno dei temi di questa 25esima edizione del Far East Film Festival, tale narrazione è parsa ulteriormente arricchata dall’incontro della loro poetica con quella di un altro cineasta di indubbia personalità: Lim Kah Wai, malese di nascita ma attivo già da parecchi anni in Giappone, dove dal 2010 a oggi ha sfornato diversi lungometraggi, soprattutto thriller. Singolare, ad ogni modo, che il primo film del regista sbarcato in Friuli sia questo adorabile, atipico quasi inclassificabile road movie, Your Lovely Smile, in cui a spiccare sono per l’appunto la presenza scenica di Hirobumi Watanabe e le musiche di suo fratello Yuji.

Nel Q&A con il pubblico Lim Kah Wai ha raccontato d’aver conosciuto il clan Watanabe a un’edizione del Tokyo International Film Festival di qualche anno fa, legando immediatamente con loro. Ma soprattutto si è spinto a definire Hirobumi Watanabe “un nuovo Kitano“, accostamento senz’altro impegnativo, ma visto che l’ha fatto lui ce ne appropriamo volentieri anche in virtù di un’analoga sensazione, affermatasi in noi già da un po’.
Quasi a sancire un simile cortocircuito dell’immaginario, dopo la partenza di Watanabe (che interpreta se stesso, con tutte le sue paturnie di cineasta indipendente destinato a sforzarsi il doppio degli altri, pur di consentire al pubblico nipponico e non di confrontarsi con un modo di fare cinema così fuori dagli schemi) dalla natia Otawara nella prefettura di Tochigi, in cui sono ambientate pressoché tutte le sue produzioni cinematografiche, provate a indovinare quale sia la prima tappa del bizzarro tour del Giappone abbozzato in Your Lovely Smile, procedendo da sud verso nord? Ebbene, trattasi di quella Okinawa che, a una memoria cinefila sufficientemente svezzata, può richiamare subito in mente il fatale “detour” di Beat Takeshi in Sonatine.

Avventura on the road dai tratti camaleontici, in cui suggestioni “felliniane” (vedi certe ricorrenti, aggraziate epifanie femminili) si sovrappongono a un alone da mockumentary tutto da scoprire, il film di Lim Kah Wai sancisce innanzitutto un’avvicinamento fecondo tra la vocazione dell’autore a tratteggiare incontri, situazioni, ibridazioni di genere dal tocco assai felice e l’universo poetico di Watanabe stesso, teso a trasfigurare attraverso una leggerezza e un’ironia non meno evidenti la propria missione di film-maker autarchico, indipendente.
Si avvicendano così sullo schermo partecipazioni attoriali divertite e convincenti come quella di Shonen, già apprezzatissimo interprete di December, un citazionismo sempre molto sentito (il tributo quasi subliminale al grande Shōhei Imamura qui ci sta alla grande) e l’accorata ricognizione (tra volontà documentaria e situazionismo allo stato puro) di alcune storiche o comunque rilevanti sale cinematografiche giapponesi, sopravvissute seppur con un certo sforzo a decenni di trasformazioni economico-sociali e più di recente anche alla pandemia. Fino allo strepitoso epilogo, una sorta di “Nuovo Cinema Watanabe” in cui il Nostro, alla conclusione del viaggio, si accolla le sorti di un cinema in crisi di Hokkaidō tenendolo aperto ed invecchiandoci “letteralmente” dentro! Chapeau, per uno dei finali più belli e toccanti dell’intero festival.

Stefano Coccia

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